18 gennaio 1992
Roma – Si sono certamente ispirati al film “Rapina al treno postale” di Peter Yates, fedele ricostruzione dell’ assalto compiuto negli anni 60 al convoglio “Glasgow-Londra”. Al posto delle lucenti carrozze inglesi c’ erano solo due asmatiche e fatiscenti “littorine”; il velocissimo treno britannico non faceva fermate intermedie, mentre il più modesto “Locale 7120” che collega ogni sera, alle 18.49, Sulmona a l’ Aquila, invece, viaggia quasi a passo d’ uomo. Ma il bottino è stato lo stesso miliardario e il “modus operandi” dei banditi non ha avuto nulla da invidiare a quello degli “scientifici” ladri londinesi. Sotto il naso di due agenti di polizia di scorta e di due dipendenti delle Poste, gli “uomini d’ oro”, giovedì sera, hanno depredato un vagone portandosi via almeno 3miliardi in contanti e in valori, appena raccolti da una sessantina di uffici postali della Valle Peligna e dell’ Alto Sangro, in gran parte provenienti dal pagamento delle tasse automobilistiche e del canone Rai. Una rapina (ma definirla così è improprio, visto che tutto s’ è svolto senza armi né sparatorie) da manuale, possibile solo grazie ad un informatissimo “basista”. La scelta di far viaggiare tutti quei soldi in un treno locale, infatti, poteva funzionare solo se fatta in gran segreto, anche se, come sembra, era “prassi normale”. I banditi sapevano tutto, avevano studiato ogni particolare. La gang è entrata in azione quando il convoglio ha superato la stazione di Molina Aterno, a circa 40 chilometri dal capoluogo. In quel tratto, infatti, sono stati trovati frammenti di vetro provenienti dallo sportello della “littorina”. Secondo la ricostruzione fatta dalla polizia, i rapinatori che materialmente hanno dato l’ assalto al convoglio erano due, ma c’ è il sospetto che all’ intera operazione abbiano partecipato almeno cinque-sei uomini. Uno ha atteso il convoglio nei pressi di un rallentamento imposto dalla linea ferroviaria, in un tratto di un chilometro e duecento metri in cui il treno deve viaggiare a passo d’ uomo per la presenza di un passaggio a livello incustodito. Il secondo, invece, sarebbe salito alla stazione di Sulmona, ma avrebbe viaggiato appeso all’ esterno del vagone postale. Sarebbe stato proprio quest’ ultimo ad infrangere il finestrino della carrozza, separata da quella passeggeri e, senza toccare lo sportello (sarebbe scattato l’ allarme), è penetrato nel compartimento riservato ai plichi di valore. In assoluto silenzio, ha aperto con una chiave falsa il “caveau” e si è impadronito dei tre sacchi con i soldi (lasciando, invece, quelli contenenti oggetti, sia pure di valore, ma ingombranti, spediti normalmente da istituti di credito e aziende private), beffando i due agenti di scorta che stavano nel compartimento adiacente e i due dipendenti delle Poste in servizio sul treno. Poi ha gettato i sacchi lungo la massicciata, dove era in attesa il complice, forse aiutato dagli altri ladri. Infine, quando il “Locale” s’ è quasi fermato al passaggio a livello, è sceso, tranquillamente, facendo perdere le sue tracce. L’ allarme è scattato un’ ora dopo, in prossimità dell’ Aquila. Gli agenti e i postini sono entrati nel compartimento riservato ai plichi postali per fare l’ inventario e si sono subito accorti che mancavano tre sacchi. Il treno è stato fermato e via radio è stata avvertita la questura. Ma ormai era troppo tardi per intercettare i rapinatori in fuga. Del resto, la polizia abruzzese era impegnata, proprio in quelle ore, nell’ inseguimento di una banda che aveva rapinato tre “Tir”. In un primo momento s’ è anche sospettato che l’ assalto ai Tir fosse un diversivo per distrarre le forze dell’ ordine e consentire, così, la rapina al “postale”, ma poi è stato accertato che i banditi (tre sono stati arrestati) non avevano nulla a che fare con la gang del treno. “Avete presente un film western? Così sono andate le cose”, ha commentato, tra l’ ironico e l’ amaro, un funzionario della questura dell’ Aquila. Secondo il vicequestore del capoluogo abruzzese, Cerasoli, i banditi sono certamente dei professionisti del crimine, “molto ben informati e pratici dei luoghi”. I tecnici della polizia scientifica hanno passato al setaccio il vagone postale, cercando un’ impronta, una traccia che potesse portare all’ identificazione dei rapinatori. Ma, a quanto s’ è appreso, senza risultati. Né avrebbe dato frutti la perlustrazione sulla linea ferroviaria. A parte i frammenti di vetro, non è stata trovata alcuna traccia degli “uomini d’ oro”. Anche i passeggeri del treno sono stati interrogati dagli uomini della squadra mobile aquilana, ma nessuno si sarebbe accorto di nulla. Alla direzione centrale delle poste abruzzesi non è rimasto che fare l’ inventario dei soldi rapinati. Secondo il direttore dell’ ufficio, Alessandro Dell’ Elce, nei tre sacchi c’ erano anche titoli postali, assegni, assicurate e raccomandate difficilmente riciclabili. Ma il bilancio della rapina resta comunque miliardario.
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