Rapina all’ufficio postale

19 settembre 2012
Imola – Quell’ufficio postale lo teneva d’occhio da tempo. Da settimane sedeva al bar accanto alle Poste di via Croce Coperta, senza però consumare nulla o quasi. E ieri mattina, secondo un testimone, avrebbe fatto lo stesso prima di entrare nell’ufficio postale e rapinarlo. Una manciata di secondi durante i quali è riuscito a mettere le mani su un sacco con 10mila euro e dileguarsi a piedi tra le vie circostanti. E’successo tutto intorno alle 9, al numero 16 di via Croce Coperta. Da qualche tempo gli impiegati dell’ufficio lavorano in un container perché nella sede ufficiale sono in corso dei lavori.
«Ero dentro quando è successo tutto — racconta Bruno Faziani, testimone della rapina —. Dovevo fare un prelievo per mia madre. Non c’era quasi nessuno dentro ad aspettare, giusto tre persone davanti a me». Io ero entrato dopo i due portantini del portavalori». A un certo punto, l’impensabile. «Dopo dieci secondi da quando sono usciti i portantini è entrato un uomo con una tuta da ginnastica scura, un cappellino in testa, alto circa 1,60 metri, abbastanza tarchiato — cotninua —. Ha preso di mira una porta e ha provato ad aprirla ma una delle cassiere gli ha chiesto dove stesse andando e di cosa avesse bisogno. Alla donna lui ha risposto dicendo che voleva solo controllare se la porta fosse aperta, poi si è rimesso in fila». D’improvviso però il rapinatore è entrato in azione. «E’ saltato dietro al bancone — va avanti Faziani —, ha iniziato a picchiare contro la porta della direttrice. Pensavo fosse uno scherzo, sbraitava». L’uomo, con un’età compresa tra i 35 e i 40 anni e accento meridionale, ha afferrato uno dei sacchetti che il portavalori aveva appena depositato, dileguandosi nel nulla, da solo. Con sè aveva 10mila euro. Sul posto si sono precipitati gli uomini del commissariato e i carabinieri. A poca distanza è stato ritrovato il cappellino e, a un certo punto, si era sparsa la voce che fosse stato preso, ma si trattava di un altro soggetto noto alle forze dell’ordine che non c’entrava nulla con la rapina. Secondo alcuni testimoni, durante l’assalto si toccava la giacca della tuta, come a fingere di avere con sè un’arma. «Quel viso l’ho riconosciuto — continua Faziani —. Da settimane lo vedevo alla mattina al bar accanto, dove faccio colazione. Non consumava nulla».

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