Suicidio?! No, è stato ucciso dalle guardie!

09 luglio 2011

N.Mancinelli -Ucciso dalle guardie

Francavilla (Pe) – Lui ha sparato, loro hanno risposto. Questione di attimi e il rapinatore è finito a terra. Morto in quella banca che voleva svaligiare. A fregarlo è stato il telefono, quello a cui stava parlando una dipendente della filiale. Perché appena ha visto entrare quell’uomo con la pistola e il volto coperto lei ha capito tutto. E l’ha fatto capire anche a chi stava dall’altra parte del filo. Un paio di minuti, e nella filiale del Monte dei Paschi di Francavilla sono arrivati i carabinieri. Si sono sentiti i colpi. A terra è rimasto lui, Nino Mancinelli, 40 anni, vecchia conoscenza della criminalità pescarese, accusato di far parte della banda che per dieci anni ha messo a segno rapine e assalti ai portavalori. Mancinelli è arrivato nella ex filiale della Banca Toscana di via Nazionale Adriatica poco prima delle 13. È passato dal bussolotto con addosso due bombe carta e una Glock 45, una pistola con cui i metal detector non vanno d’accordo. Infatti nessun allarme è suonato, addirittura forse era disattivato. Quando chi era dentro si è accorto di lui il rapinatore aveva già il volto coperto. In quel momento dentro la banca c’era all’incirca una decina di persone, tre delle quali erano clienti. Mancinelli ha disarmato la guardia giurata della società di vigilanza Coopservice, Michela Ciofani. E dopo aver preso anche la pistola della ragazza, una Beretta, sfilandole la cintura, si è messo all’opera.Legati in una stanza- Racconta chi era dentro la banca che Mancinelli ha portato tutti i dipendenti dentro l’ultima stanza in fondo e li ha fatti legare con le fascette ai polsi. Per l’operazione probabilmente ha usato uno dei clienti tenuto sotto minaccia. Durante la rapina, poi, Mancinelli ha chiesto ai dipendenti le chiavi di una delle loro auto.
Dopo qualche minuto il primo imprevisto. Una cliente, una ragazza, è entrata dal bussolotto. «Hai portato i soldini?», le ha chiesto lui. Poi l’ha bloccata ed è andato dietro i banconi, in fondo alla filiale, dove ci sono le casse.
L’arrivo dei militari- Nella traversa della Nazionale in cui ha sede la banca a quel punto sono arrivati i carabinieri di Francavilla. Sulla macchina erano in quattro, tra cui il comandante della stazione Antonio Solimini. Secondo alcune testimonianze, i militari sarebbero arrivati a sirene spente e non dalla via più breve, ma facendo il giro del palazzo e arrivando da una traversina che sbuca proprio di fronte alla filiale. Uno dei quattro militari, dicono i testimoni, è andato sul retro con la mitraglietta in pugno, un altro è rimasto in auto. Sono entrati in due.
Gli spari- «Lascia perdere», hanno provato a dirgli. Lui gli ha sparato addosso. Loro hanno risposto. Si sono sentiti una decina di colpi. Poco dopo un testimone ha visto uscire i carabinieri dalla filiale con le pistole ancora in pugno. Nino Mancinelli invece è rimasto dentro. Riverso su un fianco, colpito a morte.
La ferita che lo ha ucciso, dice chi ha visto il cadavere, è evidente. Ma il volto del rapinatore, che addosso non aveva documenti, è rimasto riconoscibile.
Ipotesi suicidio- Nel giro di qualche minuto davanti alla filiale è arrivata l’ambulanza del 118. È andata via vuota com’era venuta. E la zona si è riempita di pattuglie dei carabinieri e macchine della polizia. In banca è arrivato il comandante della compagnia di Chieti, Livio Lupieri. In cielo si è alzato l’elicottero del reparto volo. Qualche ora dopo è arrivata anche la psicologa dell’Arma, per dare sostegno ai militari che hanno partecipato alla sparatoria, tutti molto scossi. Dipendenti e clienti sono rimasti asserragliati nella filiale finchè i carabinieri non li hanno portati in caserma per raccogliere le loro testimonianze.
«Il rapinatore ha sparato, i carabinieri hanno risposto. Non si sa se si è suicidato. Aspettiamo il medico legale che volti il cadavere», ha detto il generale Luigi Longobardi, comandante della legione Abruzzo, quando nel primo pomeriggio è uscito dalla filiale. Quante siano le ferite sul corpo di Nino Mancinelli lo stabilirà oggi l’autopsia del medico legale Cristian D’Ovidio.
Caccia alla Fiat Bravo che Mancinelli fosse solo dentro la banca è ipotesi più che probabile. Il dubbio vero è se non avesse un complice fuori ad aspettarlo. Nessuno sembra averlo visto, ma non è escluso che potesse essere in una delle viuzze davanti alla filiale. Di sicuro c’è che un poliziotto fuori servizio poco dopo ha visto in zona una macchina sfrecciare verso sud. E che quella macchina, a bordo della quale potrebbe esserci stato il complice, è una Bravo rossa che le forze dell’ordine hanno cercato per tutta la giornata per aria e per terra.
È giallo sulla morte di Nino Mancinelli, detto Caffettino, il rapinatore deceduto durante un colpo alla Banca Toscana di Francavilla, venerdì scorso. Lo scontro a fuoco nel perimetro della filiale dell’istituto di credito, intorno alle 13, poco prima dell’orario di chiusura, è avvolto da diversi punti interrogativi.
Secondo la versione ufficiale, che trova conferma dall’esito dell’autopsia eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio, il rapinatore Mancinelli si sarebbe tolto la vita con la sua Glock 45. Un colpo solo, dritto alla tempia destra, lo avrebbe finito all’istante. L’ipotesi del suicidio sarebbe avvalorata dagli esami specialistici e radiografici che, complessivamente, sono andati avanti senza interruzione per circa sei ore. Ma c’è anche chi non crede a questa versione e avanza dubbi sulla dinamica dell’incidente. In un primo momento, infatti, si era detto che a ferire mortalmente Mancinelli sarebbe stato un militare.
Caffettivo è stato il primo ad aprire il fuoco sui carabinieri? E quanti colpi sono stati esplosi dall’una e dall’altra parte? La tragedia poteva essere evitata? Le domande si rincorrono, ma al momento le forze dell’ordine preferiscono mantenere il più stretto riserbo. Pur avendo ricostruito il numero degli spari e l’esatta provenienza, le autorità inquirenti si appellano al segreto istruttorio. L’unica certezza è che i proiettili ritrovati nel perimetro dell’istituto di credito non sarebbero più di dieci.
Intanto proseguono le indagini coordinate dal pubblico ministero Rosangela Di Stefano della Procura di Chieti con l’aiuto dei carabinieri della compagnia di Chieti diretti dal capitano Livio Lupieri. Si cerca nell’ambiente che ruota intorno alla vecchia banda di Mancinelli, quella salita alla ribalta delle cronache per le numerose rapine in banca e gli assalti ai portavalori. Durante il fine settimana sono stati ascoltati alcuni ex compagni. È stata ricostruita la lunga scia di colpi messi a segno da Mancinelli in vent’anni, da poco più che maggiorenne fino all’ultimo colpo, alla soglia dei 40 anni, che lo ha portato a perdere la vita l’altro giorno nella filiale della Banca Toscana di Francavilla.
Al momento gli inquirenti non escludono nessuna pista e, come confermano le forze dell’ordine, non sono ancora emersi elementi sufficienti a suffragare nessuna ipotesi. In particolare, non si sa se Caffettino abbia agito da solo oppure se era in compagnia di uno o più complici che si sarebbero poi dati alla fuga una volta intraviste le pattuglie dei carabinieri intorno all’isolato. Due diverse testimonianze parlano di una corsa verso sud da parte di un’auto, poco dopo il rimbombo delle armi da fuoco nella banca. C’è chi dice che si tratti di una Fiat Bravo e chi di una Bmw, ma i carabinieri sono scettici. Dubbi anche sull’effettivo funzionamento del metal detector della banca che non avrebbe rilevato né la pistola né le bombe carta impugnate da Nino Mancinelli.
Rapinatore ucciso a Francavilla, l’assalto in banca – Testimoni sotto choc: legati e fatti inginocchiare – “In strada una folla di curiosi osserva la scena del crimine davanti alla filiale”. Ora è caccia al complice
«Ero in una delle stanze, non nella sala principale. Abbiamo sentito le urla. Poi è arrivato lui e ci ha fatti inginocchiare tutti in una stanza, nell’ultima stanza in fondo. Ci ha fatti legare con le fascette da uno di noi, forse un dipendente forse un cliente, non lo so». È il racconto di una delle persone che ieri mattina erano dentro la filiale durante l’assalto. «Li hanno legati con le fascette», conferma il parente di un testimone, che ha potuto parlare con chi ha assistito al colpo. «Sono entrata durante la rapina», racconta una cliente, «lui era da solo, a volto coperto. Mi sono messa stesa per terra e basta». Poi va via.
La guardia giurata che era nella filiale quando esce non vuole dire nulla. Ma mentre è ancora dentro la banca a parlare con un’altra persona la si vede mimare il gesto della cintura sfilata.
Fuori dalla filiale ad aver visto e sentito qualcosa sono in tanti. «Stavo entrando nella traversa per andare da mia madre che lavora nel centro estetico. Ho visto una macchina dei carabinieri, ho sentito due colpi e sono scappata», racconta una ragazza.
«Quattro, cinque spari a ripetizione. Una raffica di colpi. Mi sono catapultato a chiudere il negozio e li ho visti uscire. Avevano una pistola in mano grossa così». Denis Iezzi è terrorizzato: con le mani indica la misura dell’arma impugnata dai carabinieri. Il suo salone è proprio lì di fronte. Dalle vetrine che danno sulla strada i dipendenti e i clienti sono riusciti a scorgere qualche strascico. «Alla fine di tutto il direttore della banca», prosegue l’uomo, «è venuto fuori spedito con le mani alzate».
«Io ho visto sfrecciare un’auto», sussurra un signore di mezza età, «andava verso sud. Subito dopo si è alzato in volo l’elicottero. Ho capito subito che qualcuno ci aveva rimesso la pelle».
Pochi minuti dopo la sparatoria la strada si riempie di gente. In tanti hanno sentito il rumore degli spari dalla strada o dalla propria casa «Avevo parcheggiato proprio qui, ho visto la Punto dei carabinieri arrivare a sirene spente. Poi, di corsa sono scesi dall’auto», racconta un altro testimone, «due di loro sono entrati nell’istituto di credito, uno è andato dietro e un altro ancora è rimasto fuori. Ho sentito gli spari, cinque in tutto, e poi le urla. Una decina di persone, poco dopo, sono uscite spaventate dalla banca».
La versione è confermata da altre due persone, arrivate nello slargo intorno alle 13,05 poco prima dell’orario di chiusura della banca. «La Punto dei Carabinieri ha aggirato il palazzo in silenzio. Poi sono entrati dentro».

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« E’ più criminale fondare una banca che rapinarla »
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