Rapina all’ufficio postale

15 ottobre 2009
Sassari – Sono entrati in due, mascherati e pistola alla mano. Hanno minacciato i presenti e si sono fatti consegnare il denaro in cassa, appena mille euro, e si sono dati alla fuga. Il 21 gennaio del 2009, in quegli uffici, due rapinatori armati di pistola e con il volto nascosto da un cappellino avevano svuotato le casse con un blitz messo a segno in pochi istanti, prima dell’ora di pranzo. Assalto armato alle poste di via Alghero per un bottino di mille euro. Si sono presentati in due, poco prima dell’ora di pranzo: pistola alla mano, cappuccio in testa e un fazzoletto alto sul viso, per svuotare le casse degli uffici postali al centro di Sassari. Un blitz di pochi istanti e poi la fuga a piedi per le vie della città.  L’ultimo colpo dei rapinatori è di ieri mattina.
È mezzogiorno e mezza, oltre le porte scorrevoli al civico 102 di via Alghero a Sassari, entrano due uomini. Nessun segno o accento particolare. Ragazzi normali che fanno un passo oltre l’ingresso, sollevano il cappuccio delle felpe sulla testa, afferrano la pistola dalla tasca dei jeans e urlano «Questa è una rapina: tutti a terra. Che nessuno schiacci il pulsante dell’allarme». Di fronte a loro c’è qualche vecchietta, quattro impiegati e Paolo Urgeghe, il nuovo direttore che sta in piedi, sul corridoio che porta agli uffici interni vietati al pubblico. Uno dei banditi si fa avanti spavaldo. Sulla sua testa il display dei numeretti per i clienti in fila indica il turno dell’A109. Lui pretende il denaro dalla cassiera che sta oltre la scrivania dal bordino blu. Tutto intorno c’è un silenzio tombale. Nessuno alza lo sguardo per scrutare il viso dei rapinatori. Quindici persone sotto tiro per alcuni lunghissimi secondi. La donna consegna il denaro al giovane: solo qualche banconota, mille euro e niente di più. Lui, allora, si volta verso gli altri impiegati. Ma loro non possono aiutarlo, le casse sono bloccate dall’apertura a tempo: prima di una nuova operazione è necessario aspettare qualche minuto. Tempo prezioso che rischia di rendere più difficile la fuga. Là dentro, per i due rapinatori, non c’è nient’altro da fare. Il giovane con il bottino in mano fa qualche passo indietro, affianca l’amico che nel frattempo continua e controllare che nessuno faccia sciocchezze, poi insieme vanno verso l’uscita. Tre gradini e sono in via Alghero: la fuga è protetta dalle auto parcheggiate lungo il marciapiede, nessuno li vede. Loro corrono a piedi in direzione di via Marsiglia, forse dietro l’angolo c’è un complice che li aspetta al volante di una macchina che servirà a portarli lontano da lì prima di essere notati da qualche passante, prima che il direttore dia l’allarme e quella strada si affolli di auto della polizia e investigatori. Bastano pochi minuti e l’ufficio postale viene sigillato, i testimoni scortati in Questura per gli interrogatori di rito e gli estranei tenuti alla larga, oltre il nastro che sventola tra le ringhiere fuori dalla porta. I filmati del circuito di videosorveglianza vengono sequestrati, forse quegli obbiettivi che sbucano dalla facciata grigia in cima all’ingresso hanno ritratto i volti dei due banditi. Sembra un viaggio nel tempo neanche troppo lontano: stessa scena di dieci mesi fa. Il 21 gennaio del 2009, in quegli uffici, due rapinatori armati di pistola e con il volto nascosto da un cappellino avevano svuotato le casse con un blitz messo a segno in pochi istanti, prima dell’ora di pranzo. Il copione era stato lo stesso, ma il bottino di tutt’altro valore: dodicimila euro in contanti per i rapinatori che ancora non hanno un nome.

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