Ali Baba e i quaranta ladroni

Ali Baba e i quaranta ladroni

racconto tratto da “Le mille e una notte”, titolo originale in arabo: “Alf layla wa layla”, che è indubbiamente il classico della letteratura orientale più famoso e conosciuto in assoluto.

Mi è venuto in mente, o re felice, che nel tempo dei tempi, in una città della Persia, vivevano due fratelli, che si chiamavano uno Qassim e l’altro Alì Babà. Quando il padre di costoro, che era un uomo di modeste risorse, fu passato nella misericordia del Signore, i due fratelli procedettero a dividersi equamente i magri beni lasciati dal genitore. Certo l’eredità non migliorò di molto la condizione dei due fratelli, perché i beni lasciati dal padre erano ben poca cosa. Ma Qassim ebbe la fortuna di conoscere un giorno una mezzana, la quale, dopo avere sperimentato su di se e con piena soddisfazione le gagliarde virtù di copulatore del giovanotto, gli combinò un matrimonio con una ragazza piacevole di aspetto e per giunta – benedetto sia Colui che distribuisce! – provvista di beni di fortuna e padrona di una bottega fornita di ogni mercanzia, così che Qassim diventò dall’oggi al domani un uomo agiato, anzi, uno dei più ricchi mercanti della città e poté fare a meno di preoccuparsi dell’avvenire.Lo stesso non si poteva dire dell’altro fratello, Alì Babà, il quale aveva sposato una donna povera come lui, viveva in una povera casa e possedeva quale unica ricchezza tre somari che gli servivano per trasportare in città la legna che andava a tagliare nei boschi e con la vendita della quale tirava avanti ‘alla meno peggio.
Ora avvenne che un giorno, mentre Alì Babà si trovava nel bosco a tagliare legna come al solito, senti in lontananza un rumore sordo che si avvicinava sempre più e alla fine, prestando orecchio, Alì Babà fu certo che si trattasse del trepestio di parecchi cavalli che correvano al galoppo. Poiché quel luogo era lontano da ogni via di passaggio e molto solitario, Alì Babà pensò dovesse trattarsi di qualche banda di ladri e ritenne prudente rimettersi in salvo fino a che non avesse potuto vedere chi erano i cavalieri che arrivavano così di carriera. Perciò si arrampicò su un grande albero che sorgeva in cima a una rupe isolata e si nascose fra i rami in modo da poter vedere senza essere veduto. E fu una saggia decisione la sua, perché di lì a poco vide arrivare al gran galoppo una masnada di cavalieri, grandi e grossi, armati fino ai denti e dalle facce feroci. Alì Babà capì allora di non essersi sbagliato e fu certo che quegli uomini dal fiero aspetto erano dei banditi di strada.

Imak El Khanza 1909

A un cenno del loro capo, smontarono da cavallo, legarono le bestie agli alberi, quindi tolsero dalle selle delle bisacce e se le caricarono sulle spalle. Curvi sotto il peso delle bisacce, s’incamminarono in fila indiana sfilando sotto l’albero dove si trovava Alì Babà il quale poté così contarli comodamente e vide che erano in tutto quaranta, né uno di più né uno di meno. Colui che marciava in testa alla fila e che doveva essere il capo dei banditi, arrivato davanti a una grande roccia seminascosta da un folto di cespugli, si fermò, depositò la propria bisaccia a terra e, con voce squillante, gridò: ” Sesamo, apriti! ” Non appena ebbe detto queste parole, ecco che la roccia girò su se stessa, come una porta sui cardini, rivelando una vasta apertura.
I banditi uno dopo l’altro e da ultimo il capo, dopo essersi ricaricata sulle spalle la bisaccia, entrò anche lui; dopo di che la roccia girò di nuovo su se stessa bloccando l’apertura e per quanto Alì Babà, che pure non era lontano, aguzzasse la vista, non gli fu possibile scorgere né un segno né una fenditura che rivelasse l’ingresso di una grotta. Alì Babà, che aveva assistito stupefatto allo spettacolo che si era svolto sotto i suoi occhi, non sapeva che partito prendere. Dapprima pensò di scendere dall’albero, impadronirsi di un paio di cavalli e fuggire con quelli in città. Ma riflettendoci bene temette che i banditi uscissero dalla grotta mentre lui cercava di squagliarsela, e in tal caso nessuno avrebbe potuto salvarlo da una fine miserevole. Decise perciò che la cosa migliore era di rimanere dove si trovava, anche perché era incuriosito di vedere che cosa sarebbe successo. Dopo un bel po’ che stava lì sull’albero e si sentiva già le gambe fonnicolare per la scomoda posizione, Alì Babà vide che la roccia tornava a girare su se stessa, ed ecco che dall’antro uscirono di nuovo in fila indiana i banditi recando in mano le bisacce, ma questa volta vuote. Da ultimo uscì il capo il quale assicuratosi che nessuno fosse rimasto nella grotta, si voltò verso la roccia e con la solita voce squillante gridò: ” Sesamo, chiuditi! ”
Dopo di che i banditi tornarono tutti ai cavalli, legarono le bisacce alle selle, montarono in groppa e spronarono via par Alì Babà sarebbe stato tentato di scendere subito dall’albero, ma la prudenza di cui Allà lo aveva fornito gli consigliò di rimanere dove si trovava, in quanto pensò che forse i ladroni potevano aver dimenticato qualche cosa e sarebbero tornati indietro a prenderla e così lo avrebbero sorpreso. Cercò di seguire con l’occhio per quanto poté i cavalieri e quando li vide scomparire nel folto degli alberi si mise a spiare la nuvola di polvere, che sollevavano le loro cavalcature.
Quando alla fine la nuvola di polvere, che si rimpiccioliva sempre più, scomparve del tutto ai suoi occhi, allora Alì Babà, sentendosi abbastanza sicuro, scese dall’albero e si avvicinò incuriosito alla roccia cominciando a guardare bene da tutte le parti. Ma per quanto guardasse e smuovesse cespugli, non gli fu possibile vedere alcuna anfrattuosità, alcuna fessura, non gli fu possibile insomma scoprire alcun indizio che quella roccia si fosse mai mossa dal suo posto fin da quando, nella notte dei tempi, il Signore l’aveva collocata in quel luogo. Siccome, però, egli ricordava la formula pronunciata dal capo dei ladroni, fu spinto dalla curiosità di constatare se quelle parole avevano lo stesso potere magico anche in bocca a lui. Si piantò quindi davanti alla roccia e ad alta voce gridò: ” Sesamo, apriti! ” E sebbene la sua voce avesse tremato un poco per l’emozione, tuttavia la roccia cominciò a girare su se stessa rivelando una vasta apertura.
Alì Babà fu preso da un indicibile spavento, senti che le gambe gli tremavano e fu sul punto di fuggire; se non che, gettando un’occhiata verso l’interno dell’apertura, invece della grotta buia e spaventosa che si era immaginata, vide una galleria di pietra ben levigata, spaziosa e bene illuminata da un fiotto di luce che,pioveva dall’alto. Quella vista lo rincuorò alquanto, e se la paura lo tirava indietro la curiosità lo spingeva avanti, e così un passo dietro l’altro cominciò ad inoltrarsi nella galleria, senza dimenticarsi d’invocare prima il nome di Allàh clemente e misericordioso. Fatti pochi passi, senti che la roccia girava di nuovo sui cardini e richiudeva l’apertura. Lì per lì fu preso da un indicibile spavento, ma poi pensò che la formula magica, così come aveva funzionato per farlo entrare, avrebbe funzionato per farlo uscire. Tranquillizzato da questo pensiero, cominciò ad ispezionare il luogo in cui si trovava e, passando di meraviglia in meraviglia, vide che la galleria era piena zeppa di balle di stoffa preziosa, di tappeti finissimi e, cosa ancor più sorprendente, di sacchi e di cofani traboccanti di monete d’oro, di gioielli e di pietre preziose. E il povero Alì Babà, che in vita sua non aveva mai veduto nemmeno una parte infinitesima di tante ricchezze, sbarrava gli occhi e a malapena osava toccare con la punta delle dita quell’oro, quei diamanti, quelle gemme, e andava dicendosi che quella grotta doveva essere servita di rifugio non solo a quei quaranta ladroni, ma anche agli antenati di quelli e agli antenati degli antenati, e ad intere generazioni di ladroni fin dall’origine dei secoli. Passati i primi istanti di stupore e di sbigottimento, Alì Babà si disse: ” Per Allàh, nulla accade che il Signore non voglia! Se tu, o Alì Babà, povero legnaiolo, sei riuscito a entrare in questo luogo e a mettere le mani su tante ricchezze, è evidente che questa è la volontà di Colui che dà e prende. Non v’è dubbio su quale sia la volontà del Signore: Egli certamente desidera che quest’oro, frutto di tante ruberie e rapine, -sia usato a fin di bene, acciocché tu ne faccia elemosine e viva con la tua famiglia al riparo dal bisogno e dalle ristrettezze. ” E dopo essersi messo in pace la coscienza con questo ragionamento, il povero Alì Babà prese un sacco pieno di monete d’oro e lo trascinò fino all’imboccatura della galleria. Poi fece lo stesso con un secondo sacco e con un terzo, e tanti ne preparò quanti pensava che i suoi somari potessero trasportarne.
Quando ebbe ultimato il suo lavoro, si mise davanti all’imboccatura della caverna e ad alta voce disse: ” Sesamo, apriti! ” E subito la roccia girò su se stessa e Alì Babà trascinò all’aperto i sacchi colmi d’oro che aveva preparato. Poi, voltatosi verso l’apertura della grotta, disse ad alta voce: ” Sesamo, chiuditi! ” e la roccia tornò a girare,su se stessa e si chiuse. Alì Babà attaccò i sacchi al basto dei somari e per evitare la curiosità della gente ebbe cura di nasconderli sotto le fascine di legna.
Ciò fatto riprese il cammino della città e arrivato a casa sua condusse gli asini in una piccola corte interna, dove nessuno poteva vederlo, e cominciò a scaricare i sacchi. Ed ecco che arrivò la moglie di Alì Babà, la quale vedendo il marito indaffarato a scaricare sacchi così pesanti quali non se ne erano mai visti in quella casa, cominciò a chiedergli che cosa fosse quella roba, e dove l’avesse trovata e chi gliel’avesse data, e insomma a fare mille domande come sogliono le femmine. ” 0 donna, ” le rispose Alì Babà, ” contentati di sapere che questi sacchi sono un dono di Allàh. E ora, invece di star lì a farmi tante domande, aiutami a portarli in casa. ” E allora la donna si mise ad aiutare il marito a trasportare i sacchi in casa, ma poiché palpandoli li sentiva come fossero pieni di monete, la sua curiosità non fece che aumentare. Sicché, quando ebbero terminato di trasportare tutti i sacchi in casa, la donna volle subito aprirne uno e, vistolo colmo di pezzi d’oro, cominciò a battere le palme delle mani l’una contro l’altra, e a strapparsi i capelli, e a lacerarsi il petto gridando: ” 0 sventura! sventura su di noi e sui nostri figli! 0 Alì Babà, come hai potuto, infelice… ” Alì Babà, sentendo la donna gridare in quel modo e temendo che richiamasse l’attenzione dei vicini, cominciò a saltare, per la rabbia, a destra e a sinistra e alla fine le pose una mano sulla bocca dicendole: ” Che Allàh ti privi delle sue benedizioni, sciagurata! Che cos’hai da gridare in questo modo? Vuoi forse svergognarmi davanti a tutti i vicini? E poi, è questa la buona opinione che hai di tuo marito? Se io ho tutto questo denaro, perché pensi che me lo sia procurato in modo illecito? E’ Allàh che ha voluto concederci questa benedizione, e invece di strapparti i capelli faresti meglio a gettarti a terra e a ringraziare il Signore. ” E raccontò alla moglie tutto quello che gli era accaduto e quando la donna seppe come stavano le cose di colpo le passò lo spavento e si mise a lodare il Signore per la benedizione che aveva inviato loro. Ciò fatto se ne andò dove erano i sacchi e sedutasi per terra sui talloni cominciò a contare le monete d’oro. Ma Alì Babà, vedutala intenta a quell’operazione, cominciò a darle sulla voce, dicendole: ” Che fai, disgraziata? Ti ci vorranno giorni e giorni per poter contare tutte quelle monete. Non sai che la cosa più saggia che possa fare un poveretto, quando gli capita una fortuna di questo genere, è quella di nascondere appunto la sua fortuna? Invece di star lì a contare il denaro, aiutami a scavare una buca nella quale nasconderemo questi sacchi acciocché non si levi contro di noi la cupidigia e l’invidia dei vicini. ” ” Marito mio, ” rispose la donna, ” non ho certo intenzione di contare a una a una tutte queste monete. Però, prima di sotterrarle, voglio sapere a quanto ammonta la nostra fortuna. Perciò andrò a farmi prestare una misura di legno da qualche vicina mentre tu scaverai la fossa. Così sapremo quanto potremo spendere per il necessario e per il superfluo, e potremo regolare convenientemente la nostra vita. ” Alì Babà pensò che il ragionamento della moglie non fosse sbagliato e le disse: ” E va bene! Va’ pure! Ma fa’ presto, e soprattutto bada di non rivelare ad anima viva il nostro segreto. “La moglie di Alì Babà si mise il velo sul volto e uscì per andare in cerca della misura di legno che le occorreva, e, strada facendo, pensò che la cosa migliore fosse quella di andarla a chiedere alla cognata, la moglie di Qassim, il fratello ricco di suo marito.
Così fece; e recatasi a casa di Qassim chiese alla cognata se poteva prestarle una misura di legno, e la cognata le rispose: ” Volentieri, cognata mia, e che Allà ti accresca le sue benedizioni! Perché, se vieni a chiedermi una misura, vuol dire che ti serve per misurare qualcosa, e se hai qualcosa da misurare vuol dire che Allà ha fatto entrare la prosperità in casa tua. ” E poiché la moglie di Ali Babà non rispondeva né sì né no, l’altra, piccata nella sua curiosità, andò a prendere la misura di legno, ma siccome moriva dalla voglia di sapere che specie di granaglie dovesse misurarvi la cognata, ne spalmò il fondo all’esterno con un po’ di sego. Ciò fatto tornò dalla cognata e le consegnò la misura. La donna la ringraziò e, dopo averle rivolto i complimenti d’uso, se ne tornò a casa; quivi giunta, si sedette per terra accanto ai sacchi e affondando la misura nelle monete d’oro cominciò a contare tutto quel denaro, facendo, per ogni misura che passava, un segno col carbone sul muro. Quando ebbe finito di passare l’oro, chiamò Alì Babà e gli mostrò i segni che aveva fatto sul muro e che quasi riempivano una intera parete. Poi, quando lei e il marito ebbero deposto i sacchi nella buca che Ali Babà aveva scavato e li ebbero ricoperti ben bene con la terra, la donna prese la misura si velò, e andò a restituirla alla cognata, ringraziandola per il servigio che le aveva reso. Non appena la moglie di Alì Babà fu uscita, la cognata rivoltò la misura e, con suo grande stupore, vide che attaccata sul fondo unto di grasso c’era una moneta d’oro. Prese in mano la moneta e constatò che era di oro buono e subito si sentì il cuore attanagliato dall’invidia ed esclamò: ” Ma come? Quel pezzente di Alì Babà ha tanto denaro da doverlo contare a misure? E come avrà fatto a procurare? ” E andò avanti per tutto il giorno a rimuginare questi pensieri. La sera, quando il marito, Qassim tornò a casa, la moglie andò subito incontro e gli disse: ” 0 Qassim, chi pensi che sia più ricco fra te e tuo fratello;’ ” Qassim la guardò sbalordito e le disse: ” Che discorsi sono questi, o donna? Sai benissimo che mio fratello è un poveraccio buono a nulla. Che significa questa domanda? ” ” Perciò, o Qassim, ” insiste la donna, ” tu sei convinto di essere molto più ricco di tuo fratello; ” ” Smettila di rompermi il capo con queste ciance, o donna, ” rispose Qassiin. ” Sai benissimo che le cose stanno proprio così. ” ” E allora sappi, o Qassim, ” gli disse la moglie, ” che ti sbagli di grosso, perché tuo fratello Alì Babà è infinitamente più ricco di te, e in effetti è tanto ricco che per contare il suo denaro ha bisogno di una misura da grano. ” E allo sbalordito Qassim raccontò tutto quello che le era capitato con la moglie di Alì Babà e concluse il suo discorso mostrandogli la moneta d’oro che era rimasta attaccata sul fondo della misura di legno. Quando Qassim ebbe udito il racconto della moglie ed ebbe visto la moneta d’oro, non seppe darsi pace, e per tutta la notte non fece che rigirarsi nel letto, pensando a come potesse essere capitata tanta ricchezza fra le mani del fratello. La mattina seguente, dopo aver passato una intera nottata a rodersi il fegato, Qassim uscì di buon’ora, si recò difilato dal fratello e senza nemmeno salutarlo e informarsi della sua salute gli disse: ” Che cosa sono tutti questi segreti? Ti sembra bello ingannare la gente in questo modo? Ma come? Te ne vai in giro come un pezzente a piangere miseria e poi misuri le monete d’oro a staia? E nemmeno a me, che sono tuo fratello, dici nulla dei tuoi affari né mi metti al corrente dì quello che ti capita. ” Alì Babà rimase interdetto, sentendo questo sproloquio, non tanto perché fosse avaro di natura, ma perché temeva l’invidia e la gelosia del fratello e della cognata. Così rispose: ” Fratello mio, perché ti lamenti se è questa la prima volta, in tanti anni, che metti piede nella mia casa? E come avrei potuto informarti dei casi miei se tu non ti sei mai interessato di conoscerli né mai hai chiesto, non dico a me ma almeno ai vicini, se io e i miei figli avevano da mangiare o no? Se io fossi venuto da te a raccontarti le mie miserie, avresti pensato che lo facevo per spillarti denaro. ” ” Adesso non si tratta di questo, Alì Babà, ” rispose impaziente Qassim, ” ma si tratta dei fatto che tu inganni la gente dabbene fingendoti povero quando non lo sei, dato che non ho mai visto un povero contare il denaro con una misura da grano. ” Quando Alì Babà ebbe inteso queste parole, capì che il fratello era al corrente di tutto e che sarebbe stato inutile cercare di fingere. Perciò, facendo buon viso a cattivo gioco, gli raccontò tutto quanto gli era capitato nel bosco e concluse dicendo: ” Sia glorificato Allàh che ci ha inviato questa benedizione! Ma poiché noi siamo dello stesso sangue, penso non sia giusto che io tenga per me questa ricchezza che non ho fatto nulla per guadagnare. Perciò, fratello mio, ti prego di volere accettare metà dell’oro che ho portato fuori da quella grotta. ” Qassim, nel quale il racconto del fratello aveva risvegliato la cupidigia e con la cupidigia la tracotanza e la malizia, rispose: ” Su questo non si discute nemmeno, o Alì Babà! Se il Signore ti ha fatto scoprire questo tesoro, è evidente che lo ha fatto perché tu ne rendessi partecipe anche me che sono tuo fratello. E qui ci sarebbe da discorrere molto, perché se io non fossi venuto a casa tua tu ti saresti goduto quest’oro da solo senza farmi sapere nulla. Piuttosto, hai dimenticato di dirmi quali sono le parole magiche che aprono la roccia. Prima di mettere le mani su quest’oro, voglio essere sicuro che quello che mi hai raccontato sia vero, perché io sono un mercante rispettabile e non mi piacerebbe di trovarmi coinvolto in qualche pasticcio. Avanti dunque: dimmi quali sono queste parole e bada bene di non imbrogliarmi, perché altrimenti andrò dal capo della polizia e ti denuncerò come complice dei ladroni. E non so se questo ti converrebbe. ” Alì Babà, spinto non tanto dalle minacce quanto dal suo animo onesto e privo di malizie, disse al fratello quali erano le parole magiche che servivano per fare aprire la roccia, e quando Qassim le ebbe udite se ne andò senza nemmeno ringraziare Alì Babà. La mattina dopo, di buon’ora, Qassim fece mettere il basto a dieci muli e su ogni basto fece attaccare due robuste casse. Poi si avviò verso il bosco, nel luogo indicato dal fratello. Trovò subito l’albero, al quale legò i muli, e, regolandosi su quello, non ebbe difficoltà a individuare la roccia, tanto esatta e precisa era stata la descrizione di Alì Babà. Postosi dunque davanti alla roccia, pronunciò ad alta voce le parole:” Sesamo, apriti! ” E subito la roccia cominciò a girare su se stessa rivelando l’apertura della grotta. Qassim precipitò dentro, ma fatti alcuni passi rimase impietrito dallo stupore perché gli era bastata una sola occhiata per rendersi conto delle immense ricchezze che si trovavano nascoste in quel luogo; infatti, l’oro che il fratello aveva portato fuori non era che una minima parte di ciò che conteneva quella grotta. Riavutosi dal primo stupore, Qassim cominciò, con il fiato mozzo dall’entusiasmo, a fare il giro della grotta, palpando e toccando le cose preziose che vi erano contenute e gettando esclamazioni di meraviglia davanti ai cofani traboccanti di pietre preziose e di monili, davanti alle cataste di argenteria cesellata, davanti ai sacchi pieni di monete d’oro, davanti alle balle di stoffe preziosissime. Con la bava alla bocca e gli occhi accesi di cupidigia, per un pezzo non fece che andare da un sacco all’altro e da un cofano all’altro valutando in cuor suo quelle ricchezze e accarezzandole con le sue mani da mercante come se già fossero roba sua. Pensò che per portar via quel tesoro ci sarebbe voluta una carovana di cammelli grande come quelle che giungono in Persia dalle lontane contrade della Cina. Allora gli venne fatto di pensare ai dieci muli che aveva lasciato fuori accanto all’albero e decise di andarli a prendere, per caricare intanto quelli con quanta più roba gli fosse stato possibile. Così, fece per uscire dalla grotta, ma trovò che l’imboccatura era chiusa perché, non appena egli era entrato, la roccia, come al solito, aveva di nuovo girato su se stessa e Qassim non se ne era accorto, tutto preso dall’entusiasmo per quel che vedeva. Volle allora pronunciare le parole magiche per far riaprire la roccia, ma la vista di tutti quei tesori gli aveva stravolto il cervello a tal punto ch’egli aveva dimenticato completamente quali fossero quelle parole. Così si piantò davanti alla roccia e gridò: ” Orzo, apriti! ” e poiché la roccia non si muoveva, ripete ancora due o tre volte ad alta voce ” Orzo, apriti! ” Ma la roccia continuò a rimanere ferma. Allora Qassim cominciò a pensare che la parola, magica dovesse essere un’altra. e gli parve proprio di ricordare che quella parola dovesse essere segala. Perciò, con quanto fiato aveva in corpo, gridò: ” Segala, apriti! ” Ma naturalmente non accadde nulla. Dopo aver ripetuto più volte queste parole, Qassim cominciò a spazientirsi, e poi ad inquietarsi, e senza prender fiato si mise a ripetere la formula usando i nomi di tutte le semenze e di tutti i cereali che gli venivano in mente. Tutti li nominò tranne quello giusto, perché il Profeta, sia benedetto ed esaltato il suo nome, ha detto, parlando dei malvagi: ” Allàh toglierà loro il dono della luce, ed essi andranno vagolando nelle tenebre e, ciechi, sordi e muti, saranno incapaci di tornare sui loro passi. ” Quando Qassim ebbe provato inutilmente tutti i nomi che gli venivano alla memoria, fu preso dal terrore di non poter più uscire dalla grotta. Allora non gli importò più niente di tutte quelle ricchezze e desiderò una sola cosa. uscire di nuovo alla luce del sole. Come un forsennato, si mise a correre a dritta e a manca cercando un’apertura o un appiglio che gli permettesse di arrampicarsi fino alla volta della galleria da dove pioveva il fiotto di luce. Ma le pareti erano tutte di marmo liscio e levigato, unite e compatte, e non solo non vi erano appigli, ma non vi era nemmeno l’ombra di un’apertura. Come un animale feroce preso in trappola, Qassim in preda alla disperazione andava correndo di qua e di là, picchiando il capo nel muro e ferendosi le mani, ma tutto era inutile. Alla fine si gettò a terra stremato di forze e rimase lì a piangere e ad ansimare per un pezzo, quand’ecco d’un tratto sentire fuori della grotta un rumore di cavalli al galoppo. In effetti proprio quel giorno i quaranta ladroni avevano deciso di tornare nella grotta per nascondervi dell’altro bottino.
Ma quando furono arrivati nei pressi della roccia videro i muli con le casse, legati all’albero, e allora, sguainate le spade, scesero subito da cavallo e cominciarono a frugare tutt’intorno e fra i cespugli per scovare il padrone di quei muli e ucciderlo. Ma per quanto cercassero dappertutto, non riuscirono a trovare anima viva. Allora il capo dei banditi, dopo essersi consultato con i suoi, si piazzò davanti alla roccia e gridò: ” Sesamo, apriti! ” e la roccia girò su se stessa aprendosi. Qassim, che dall’interno della grotta aveva udito le imprecazioni e le grida di rabbia dei banditi, temendo fortemente per la sua vita, si era nascosto in un angolo, appiattito fra due sacchi di monete d’oro. Quando però vide che la roccia inaspettatamente si apriva non ebbe altro pensiero che quello di correre a mettersi in salvo. Si precipitò dunque a testa bassa, come un caprone, verso l’apertura, ma era scritto che dovesse andare a cozzare proprio contro il capo dei banditi, così che entrambi caddero distesi per terra, e prima che Qassim potesse rialzarsi e fuggire gli altri briganti gli furono addosso e lo fecero a pezzi con le loro spade, perché questo era il destino che Allàh il Giusto, il Distributore, gli aveva riservato. Quanto ai ladroni, dopo che ebbero ucciso Qassim, entrarono nella grotta e videro ammucchiati da una parte i sacchi e i cofani che Qassim aveva preparato per caricarli sui muli. Allora si sedettero in circolo e tennero consiglio chiedendosi come mai quell’uomo fosse riuscito a entrare nella loro grotta. Alla fine, poiché non trovarono una spiegazione soddisfacente a quel fatto strano, e poiché d’altra parte erano convinti d’essere i soli a possedere la formula magica che faceva aprire la roccia, e visto che l’intruso era morto e non avrebbe più potuto parlare con nessuno, rivelando l’esistenza del loro nascondiglio, decisero di vuotare le bisacce e di tornarsene al loro mestiere di razziatori, perché erano gente attiva, cui piaceva di più fare i fatti che star seduta a discorrere. Tuttavia, prima di andarsene, pensarono bene di squartare il cadavere di Qasssim e di disporne i pezzi all’ingresso della grotta affinché chiunque per caso fosse riuscito a varcarne la soglia rimasesse terrorizzato da quello spettacolo e fuggisse via senza più farvi ritorno. Questo per quanto riguarda Qassim e i quaranta ladroni. Intanto la moglie di Qassim, vedendo che il marito non tornava, cominciò a preoccuparsi e quando scese la sera e Qassim non si era fatto vedere, in preda a una grande agitazione, si mise il velo sul volto e uscì per recarsi a casa del cognato. Quando Alì Babà la vide si stupì grandemente, perché la donna non aveva mai voluto mettere piede nella sua casa e aveva sempre disdegnato di frequentare il cognato a cagione della povertà di costui. Comunque Alì Babà l’accolse con cortesia e le chiese che cosa la conducesse da lui, a quell’ora. La moglie di Qassim gli disse che era preoccupata per il marito, il quale era uscito di casa.la mattina molto presto e ancora non era tornato ‘ sebbene fosse già notte. Aggiunse che sarebbe stato bene che Alì Babà fosse andato a cercare il fratello perché sicuramente doveva essergli capitata una disgrazia. Alì Babà, il quale sospettava che il fratello si fosse recato alla grotta e pensava che per mantenere segreta la faccenda del tesoro non avrebbe voluto che fosse fatto scalpore intorno alla sua assenza. Cercò di calmare la donna invitandola a passare la notte in casa sua e dicendole che col buio le ricerche sarebbero state inutili, ma che l’indomani mattina, appena fatto giorno, egli stesso sarebbe andato in cerca di Qassim. E così fece. La mattina dopo, alle prime luci dell’alba, quel brav’uomo di Alì Babà era già nel cortile di casa sua, intento a mettere il basto ai somari. Dopo aver raccomandato alla moglie di aver cura della cognata e di non farle mancare nulla, si mise in cammino e in breve arrivò nel bosco. Giunto che fu davanti alla roccia, cominciò a guardarsi in giro, ma non vide alcuna traccia del fratello e cominciò a preoccuparsi. Comunque sia, pronunciò le due parole magiche, la roccia girò su se stessa ed egli entrò nella grotta. Ma aveva fatto appena pochi passi, quand’ecco si trovò davanti i miseri resti squartati del fratello; allora impallidì,le gambe gli tremarono e sentì che stava per venire meno. Come Dio volle si riprese e il primo pensiero che gli attraversò la mente fu quello di dare onorata sepoltura alle povere membra di quello sciagurato, il quale, dopo tutto, era un musulmano come lui ed era figlio del suo stesso padre e della sua stessa madre. Cosi Alì Babà entrò nella grotta, prese due sacchi, li vuotò delle monete d’oro che- contenevano e vi mise dentro il tronco e le membra amputate del fratello. Poi, già che si trovava lì, pensò che sarebbe stato sciocco far tornare a casa gli asini con i basti vuoti, cosi prese qualche altro sacco di monete e dopo aver pronunciato le parole magiche trasportò fuori ogni cosa.
Caricò sui somari i sacchi con l’oro e quelli con le spoglie del fratello ricoprì il tutto con fascine di legna, acciocché i passanti non fossero messi in curiosità, e tornò di buon passo a casa. Appena, entrato nel cortiletto, chiamò la schiava Margiana perché lo aiutasse a scaricare gli asini. Ora bisogna sapere che questa Margiana era una giovane schiava che, Alì Babà e sua moglie avevano preso quando era ancora bambina e l’avevano allevata in casa non come una schiava ma quasi come una loro figlia. E la fanciulla era cresciuta bella, buona, brava e soprattutto assai sveglia di cervello, così che Alì Babà, quando doveva risolvere qualche questione difficile, di altri non si fidava se non del senno e del giudizio di Margiana. Quando Margiana arrivò al suo richiamo, Alì Babà le disse: ” Figliola mia, questo è il giorno in cui ti chiedo di darmi una prova della tua scaltrezza, della tua discrezione e della tua devozione! ” ” Ascolto e obbedisco ” rispose Margiana. Allora Alì Babà le raccontò ogni cosa per filo e per segno, quindi, accennando ai due sacchi che contenevano il cadavere del fratello: ” Ora ” disse, ” bisogna che tu pensi al modo di seppellirlo come se fosse morto di morte naturale, così che nessuno possa sospettare la verità sull’accaduto. ” Ciò detto, Alì Babà se ne andò dalla cognata a darle la triste notizia, lasciando Margiana a riflettere sul da farsi. Quando Alì Babà comparve davanti alla cognata, questa capì subito, guardandolo in faccia, che a Qassim doveva essere accaduta una grave disgrazia e prima ancora che Alì Babà potesse parlare cominciò a battere le palme delle mani, a graffiarsi le guance, a strapparsi i capelli, a gemere e ad ululare. Alì Babà, temendo che i vicini potessero udire quello strepito e venirne a chiedere la cagione, le disse subito: ” Il Signore, nella sua- generosità, mi ha dato più ricchezze di quanto mene, servano; perciò, se nella disgrazia che ti ha colpita c’è ancora qualcosa capace di consolarti, io ti offro di entrare nella mia casa come seconda moglie. Tu troverai nella madre dei miei figli una sorella affettuosa, e così potremo vivere in pace ricordando la memoria dell’estinto! ” Davanti a tanta generosità, la vedova di Qassim si sentì sciogliere il cuore, fino allora indurito dall’invidia e dalla cupidigia, e Allàh illuminò il suo animo perché egli è l’Onnipotente e a lui tutto è possibile! Così la vedova di Qassim si sciolse in lacrime, ma questa volta di commozione, per la bontà di Alì Babà e accettò, di diventare la sua seconda moglie. E da allora fu una donna onesta e dabbene e di nobili sentimenti. Intanto Margiana, dopo avere pensato per un po’ sul modo migliore di cavarsi da quell’impiccio, se ne uscì di casa e andò nella bottega di uno speziale che era lì accanto e gli chiese di venderle una certa medicina che si usava per curare le malattie mortali. Lo speziale gliela diede, ma naturalmente le chiese chi fosse ammalato nella casa del suo padrone, e Margiana, con un gran sospiro, gli rispose: ” Ahimè che disgrazia! Ahimè che sventura! Il povero fratello del mio padrone Alì Babà, che era venuto in visita da noi, è stato colto all’improvviso da un gran malore, è caduto per terra ed è rimasto lì tutto rattrappito: la faccia gli è diventata gialla e non vuol parlare né mangiare. Speriamo o sceicco degli speziali, che questa tua medicina gli faccia bene! ” Tornata a casa, Margiana mise al corrente del suo piano il padrone e questi non poté fare a meno di compiacersi con lei per la sua grande ingegnosità. Cosi la mattina dopo Margiana tornò di nuovo dallo speziale e con il volto bagnato di lacrime, singhiozzando e sospirando, gli chiese di darle una certa medicina che veniva usata come estremo rimedio per i moribondi. Presa la medicina, che lo speziale si affrettò a darle, se ne uscì dalla bottega dicendo: ” Poveri noi! Poveri noi!’ Se questo farmaco non avrà effetto, non vi è più speranza! ” E strada facendo ebbe cura di far sapere a tutto il vicinato della grave malattia che aveva colpito Qassim, fratello del suo padrone Alì Babà. Perciò, quando, l’indomani all’alba i vicini furono svegliati da grida, pianti e gemiti di donne, capirono subito, che il fratello di Alì Babà doveva essere morto e nessuno, se ne meravigliò. Nel, frattempo. però, Margiana, che continuava a mettere in atto diligentemente il suo piano, si era detta: ” Ragazza mia,-non basta far credere alla gente che il fratello del tuo padrone sia morto di morte naturale,bisogna anche che tu pensi a un altro pericolo: devi fare in modo, cioè, che nessuno si accorga che il cadavere dei fratello del tuo padrone non è tutto d’un pezzo ma è squartato. “.
Così senza por tempo in mezzo, Margiana se ne andò subito da un vecchio ciabattino, un certo Mustafà, che aveva bottega dall’altra parte della città e che, non la conosceva e, messogli in mano un dinàr d’oro, gli disse: ” o sceicco dei ciabattini, in casa del mio padrone hanno bisogno subito della tua opera. ” Mustafà che era un brav’uomo sempre di buon umore si rallegrò molto vedendo il dinàr d’oro e disse a Margiana: ” Sia benedetta la tua venuta, ragazza mia, e che Allàh ti mandi più spesso nella mia bottega! Parla, padrona, e dimmi cosa posso fare per te! ” ” Carissimo zio, ” gli rispose Margiana, ” devi solo alzarti e venire con me; ma prima prendi tutto quello che ti serve per cucire il cuoio. ” E quando il vecchio ciabattino ebbe preso tutto il necessario, Margiana gli bendò gli occhi dicendogli ” Scusami, o sceicco, ma questa è una condizione indispensabile se vuoi guadagnarti un’altra moneta d’oro come quella che ti ho dato poc’anzi. ” Così dicendo, gli mise in mano un’altra moneta d’oro e il ciabattino si lasciò persuadere da queste buone ragioni a seguirla senza far tante storie. Così Margiana prese per mano il vecchio ciabattino e lo condusse, sempre con gli occhi bendati, nella cantina della casa di Alì Babà. Quando furono arrivati, gli tolse la benda dagli occhi e mostrandogli i pezzi del cadavere di Qassim che ella aveva ricomposti, gli disse: ” Questo è quello che vogliamo da te: che tu ricucia insieme i pezzi di questo cadavere! ” Quando il ciabattino vide quell’orrendo spettacolo, si tirò indietro tutto spaventato, ma Margiana gli mise in mano una terza moneta d’oro premettendogliene ancora una quarta se il lavoro fosse stato fatto presto e bene. Davanti a questi argomenti, a Mustafà passò la paura e così, senza più indugiare,, si mise all’opera. Quando il vecchio ebbe terminato di ricucire insieme i pezzi del cadavere di Qassim, Margiana gli diede la moneta d’oro promessa, gli bendò nuovamente gli occhi e, tenendolo per mano, lo ricondusse fino alla sua bottega. Poi, dopo averlo salutato e avere invocato sul suo capo le benedizioni di Allàh, se ne tornò a casa, avendo cura però di voltarsi ogni tanto per vedere se il ciabattino non stesse per caso seguendola. Appena tornata a casa, Margiana fece scaldare dell’acqua, lavò il cadavere ricucito di Qassim, lo profumò di aromi e d’incenso, quindi lo depose nella bara che nel frattempo Alì Babà aveva avuto cura di ordinare dal falegname. Per evitare poi che qualcuno si accorgesse delle cuciture, ricopri il cadavere con scialli e stoffe preziose. Aveva appena terminato, che ecco arrivò l’imam con i suoi assistenti e vennero anche i vicini, i quali si misero la bara sulle spalle e aprirono il corteo, in testa al quale camminavano la vedova di Qassim e il fratello del defunto, Alì Babà, e la prima moglie di costui con i figli e Margiana: e tutti piangevano riempiendo le strade di pietosi lamenti. Così, grazie all’ingegnosità di Margiana, nessuno sospettò la verità circa la morte di Qassim e i funerali si svolsero nel modo più commovente e dignitoso. Questo per quanto riguarda Alì Babà e la sua famiglia. Ma torniamo ai quaranta ladroni, i quali, tornati alla grotta, rimasero di sasso constatando che il cadavere di Qassim era scomparso. Ma il loro sbigottimento non doveva conoscere limiti quando, insospettiti dalla cosa, si diedero a controllare il loro tesoro e dovettero concludere, ahi loro! che qualcuno aveva portato via una quantità notevole di monete d’oro. Allora si sedettero per terra in circolo e il capo così parlò: ” Miei prodi! Il nostro segreto, non so come, è stato scoperto, e se noi non escogitiamo qualche espediente per porre rimedio a questa faccenda ci vedremo sparire sotto il naso il tesoro accumulato in tanti anni di fatiche da noi e dai nostri antenati. Ormai non v’è più dubbio che il ladro da noi sorpreso nella grotta aveva un complice, ed è perciò indispensabile che noi scopriamo questo complice e l’uccidiamo, acciocché il nostro segreto torni ad essere tale e i frutti delle nostre fatiche siano di nuovo al riparo dalla cupidigia dei mariuoli. Io propongo perciò che uno di noi si travesta da derviscio straniero, si rechi in città e, girando di strada in strada e di bottega in bottega veda di scoprire il nome di colui che cerchiamo. Ma è necessario che l’indagine sia condotta con astuzia e prudenza, perché il più piccolo sbaglio potrebbe compromettere la riuscita dell’impresa. Perciò io propongo che colui il quale si assumerà l’incarico debba accettare di essere punito con la morte se commetterà qualche leggerezza o qualche errore. ” Allora uno dei ladroni si alzò e disse: ” Mi offro io di condurre in porto l’impresa e accetto la condizione che avete posto. ” Il capo e gli altri suoi compagni si felicitarono con lui, gli augurarono buona fortuna e quello, dopo essersi travestito da derviscio, se ne andò. Arrivò in città che era molto presto e giunto nel suk vide che tutte le botteghe erano chiuse, fatta eccezione di quella del vecchio ciabattino Mustafà, il quale aveva l’abitudine di mettersi al lavoro al primo canto del gallo. Il derviscio si fermò a osservare il vecchio ciabattino, che lavorava abilmente di lesina e trincetto, e non poté fare a meno di esprimergli la sua meraviglia per il fatto che a quella età aveva ancora dita così agili e forti e occhi così buoni. Mustafà che, come è stato detto, era un brav’uomo semplice e cordiale, al quale piaceva chiacchierare con la gente, si senti tutto lusingato dal complimento e rispose: ” Per Allàh, o derviscio, quello che vedi è niente: sono ancora capace d’infilare un ago al primo colpo e sono stato capace di ricucire un cadavere, fatto a pezzi, in fondo a una cantina senza luce. ” Quando il derviscio senti queste parole, ci mancò poco che si mettesse a ballare dalla gioia, ma seppe trattenersi e si limitò a benedire la sorte che lo aveva guidato, appena entrato in città, dalla persona giusta. ” 0 venerando ciabattino! ” gli disse. ” Che cos’è questa storia di ricucire un morto? Forse che nel tuo paese si ha l’abitudine di tagliare a pezzi i morti e poi di ricucirli? ” ” Per Allàh, ” rispose il ciabattino, ” questa non è certo una abitudine del nostro paese! Ma è inutile che tu m’interroghi, perché io so solo quello che voglio dire, e se la mia memoria è lunga la mia lingua è corta. ” Allora il derviscio, per non insospettire Mustafà, si mise a ridere di cuore a questa uscita e, avvicinatogli si, gli fece scivolare in mano una moneta d’oro e gli disse: ” 0 sceicco dei ciabattini, non credere che io voglia impicciarmi dei fatti degli altri, ma siccome sono uno straniero e viaggio per conoscere gli usi e i costumi della gente sono curioso di conoscere le ragioni per cui è stato compiuto questo strano rito. Perciò, se tu vorrai guidarmi nella casa dove il rito è avvenuto, ti darò un’altra moneta d’oro. ” Allora Mustafà rispose: ” E come potrei indicarti dove si trova quella casa, se vi fui condotto con gli occhi bendati? ” Poi, dopo un attimo, aggiunse: ” E’ vero che l’uomo non vede solo con gli occhi ma con tutti i suoi sensi e che se dovessi rifare quella strada, bendato, son certo che da alcuni segni che notai tastando con le mani i muri e dagli odori che sentii saprei ritrovare la casa in cui fui condotto. ” ” Se è così,” gli disse il derviscio porgendogli un’altra moneta d’oro, ” ti prego di accettare questa moneta d’oro per il tuo disturbo e di venire con me, bendato, rifacendo il cammino percorso fino a quando non sarai sicuro di essere arrivato alla casa di cui mi hai parlato. Ti prego, o sceicco dei ciabattini, di non dirmi di no e di voler soddisfare la curiosità di uno straniero. “Allora il ciabattino Mustafà, non vedendo nulla di male nella richiesta di quel derviscio straniero, si lasciò bendare gli occhi e un po’ facendosi guidare e un po’ guidando rifece il cammino già percorso con Margiana fino a che, arrivato davanti alla casa di Alì Babà, si fermò dicendo: “Ecco, questo deve essere il posto: sono sicuro di non essere andato oltre perché il mio piede riconosce questa pietra sporgente nella quale inciampai prima di entrare nella casa. “. Il derviscio-ladrone si guardò intorno e vide che all’altezza del punto dove si era fermato il ciabattino vi era una sola porta; quella di Alì Babà. Tolse la benda dagli occhi del ciabattino e gli chiese se sapesse di chi era quella casa; ma il vecchio gli rispose d’ignorarlo perché egli era di un altro quartiere e non conosceva gli abitanti di quella strada. Allora il derviscio ringraziò il ciabattino, gli regalò un’altra moneta d’oro per il disturbo e lo mandò con Dio. Poi rimase lì perplesso, domandandosi come avrebbe fatto a riconoscere e a far riconoscere ai suoi compagni quella porta, dato che le porte che si aprivano su quella strada si somigliavano tutte. Alla fine vide un pezzo di gesso per terra, lo prese, fece un segno sulla porta e s’e ne andò tutto soddisfatto tornando verso la foresta dove lo, aspettavano i suoi compagni.Ma non sapeva, il meschino, che Allàh avrebbe tramutato in pianto la sua soddisfazione. Infatti di lì a poco Margiana uscì di casa per andare a fare la spesa al suk e quando tornò notò sulla porta di casa quello strano segno fatto col gesso.Allora si disse: ” Chi può aver fatto questo segno sulla porta del mio padrone? Certo non può essere stata una mano amica perché le mani, amiche bussano alle porte e non vi fanno sopra segni col gesso. Aguzza l’ingegno, Margiana, perché qui sotto c’è sicuramente qualche imbroglio che bisogna sventare! ” Ciò detto, si munì di un pezzo di gesso e segnò nello stesso modo tutte le porte della strada,così da confondere le idee ai malintenzionati.Ma torniamo ai ladroni. Non appena il loro compagno li ebbe raggiunti nella foresta e li ebbe informati di tutto quello che aveva fatto, essi si alzarono e s’incamminarono verso la città, dove entrarono a due a due per non destare sospetti nella gente. Arrivati però nella strada indicata dal loro compagno, rimasero di sasso vedendo che tutte le porte recavano il medesimo segno fatto col gesso. Allora a un cenno del capo tornarono nella foresta e riunitisi a consiglio decisero che colui che aveva sbagliato doveva essere punito con la morte, come era stato convenuto. E senza porre tempo in mezzo presero il colpevole e gli mozzarono il capo. D’altra parte, poiché diventava sempre più urgente sbarazzarsi di un nemico così astuto, un altro ladrone si offrì di andare in città a compiere la missione che il primo aveva fallito. Costui tornò in città, andò difilato dal ciabattino Mustafà, si fece indicare la strada e la casa del cadavere ricucito, e dopo aver licenziato il ciabattino fece sulla porta un segno rosso in un luogo poco visibile. Dopo di che se ne tornò, sicuro del fatto suo, verso la foresta. Il meschino però non sapeva che quando Allàh ha deciso che la testa di un uomo debba cadere non v’è astuzia né accortezza che possa impedire. ciò che è stabilito dall’Onnipotente. Infatti, quando i ladroni tornarono a due a due in città e arrivarono nella strada dove abitava Alì Babà, rimasero ancora più stupefatti della prima volta constatando che tutte le porte di quella strada avevano lo stesso segno rosso nello stesso posto. E questo era avvenuto perché l’astuta Margiana, messa in sospetto da quel primo segno fatto col gesso, aveva tenuto gli occhi aperti e non aveva tardato a scoprire il segno rosso fatto dal secondo ladrone. Cosi aveva ripetuto il segno su tutte le porte della strada confondendo le idee ai nemici del suo padrone. Quando i ladroni furono ritornati nella foresta, anche il secondo esploratore subì la stessa sorte del primo, perché così era scritto, anche se egli non lo sapeva. E il risultato di tutto questo affare fu che la banda si trovò menomata di due uomini fra i più coraggiosi. A questo punto il capo dei ladroni, dopo aver riflettuto sulla situazione,si disse: ” Ormai mi fiderò solo di me stesso! ” Ciò detto si alzò e si recò in città facendosi indicare dal ciabattino Mustafà la casa del cadavere ricucito. Ma egli non fece come gli altri, non perse tempo a segnare la porta della casa di bianco o di rosso, ma rimase lì un bel pezzo ad osservarla per fissarsi nella mente qualche particolare che lo aiutasse a distinguerla dalle altre perché, come già si è detto, le case di quella strada, viste dal di fuori, erano tutte uguali. Quando fu ben sicuro che, tornando, non avrebbe potuto sbagliare, riprese la via della foresta e appena arrivato radunò intorno a se i trentasette ladroni che rimanevano e disse loro: ” Miei prodi, finalmente la casa del nostro nemico è scoperta! A noi non rimane altro che infliggergli la punizione che si merita. Ed ora ascoltatemi bene: procuratevi al più presto trentotto giare, molto grandi e capaci e con l’imboccatura larga tanto che possa passarvi un uomo. Trentasette di queste giare le porterete qui vuote. La trentottesima dovrà essere piena di olio di oliva. E mi raccomando, badate bene che siano robuste e senza crepe. E adesso andate e tornate al più presto. “Quando i ladroni tornarono con le giare attaccate alle selle dei cavalli, il capo disse loro di togliersi gli abiti, conservando solo il turbante, le babbucce e le armi, poi ordinò a ciascun uomo di infilarsi in una giara. Quando vide che tutti erano a posto, chiuse l’imboccatura delle giare con fibre di palma affinché i curiosi non potessero guardarvi dentro e colui che vi era nascosto potesse respirare liberamente. Prese quindi un po’ d’olio e unse l’esterno delle giare, così che nessuno potesse dubitare che quelle giare contenevano una merce diversa dall’olio. Infine, anch’egli depose i suoi abiti, si travestì da mercante d’olio e, spingendo davanti a sè la fila dei cavalli, sì avviò verso la città. Arrivò nella strada dove abitava Ali Babà che già annottava ed ebbe la fortuna di trovare sulla porta di casa lo stesso Alì Babà che prendeva il fresco prima della preghiera della sera. Allora il capo dei ladroni fece fermare i cavalli, si avvicinò ad Alì Babà e dopo averlo salutato gli disse: “.Signore, come vedi io sono un mercante d’olio e sono venuto da molto lontano a vendere la mia merce in questa città. Purtroppo il viaggio è stato più lungo del previsto e sono entrato in città così tardi che non mi riesce più di trovare un luogo dove alloggiare. Ora, nel nome di Allàh, ti pregherei di volermi ospitare per questa notte, perché altrimenti non saprei dove andare. E che il Clemente, il Misericordioso possa ricompensare la tua generosità. ” Ali Babà,che era un brav’uomo sempre disposto ad aiutare il prossimo subito si alzò in piedi e cosi rispose al capo dei ladri ” 0 mercante d’olio, che la mia dimora possa essere per te confortevole e accogliente. Entra. Tu sei il benvenuto! ” E detto questo prese per mano l’ospite e fece entrare i cavalli nel cortile; poi chiamò Margiana, alla quale ordinò di preparare la cena anche per l’ospite, e a un suo schiavo, di nome Abdallàh, disse di aiutare il forestiero a scaricate le giare e a dar da mangiare alle bestie. Quando tutto fu in ordine, Alì Babà prese per mano l’ospite e lo fece entrare in casa, lo fece sedere accanto a sè e poi ordinò che venisse servita la cena. Così mangiarono e bevvero in abbondanza ringraziando il Signore per i suoi benefici. Finita la cena Alì Babà, per non mettere in imbarazzo l’ospite, si alzò e, dopo avergli augurato la buona notte, si congedò dicendogli: ” Signore, la mia casa è la tua casa e tutto quello che essa contiene è tuo. ” Al che il mercante rispose: ” La tua,generosità, o mio ospite, è degna del migliore dei musulmani. Tuttavia, ti prego di mostrare verso il mio intestino la stessa ospitalità che mostri a me e di dirmi dove potrei andare ad alleggerirmi il ventre. ” Alì Babà gli indicò allora il gabinetto, che si trovava nel cortile proprio dove erano state deposte le giare, quindi gli rinnovò la buona notte e si ritirò.Rimasto solo, il capo dei ladroni, con la scusa di andare a fare i suoi bisogni, scese nel cortile e, avvicinatosi all’imboccatura della prima giara, disse sottovoce: ” 0 tu che sei nascosto lì dentro, quando sentirai un sasso colpire la tua giara, esci subito con le armi in pugno e corri da me. ” E la stessa cosa ripeté all’imboccatura di tutte e trentasette le giare. Dopo di che, tornò in camera, spense la lucerna e si stese sul letto, contando di svegliarsi quando la notte fosse ormai fonda e tutto in casa fosse tranquillo. Mentre ciò accadeva, Margiana era intenta a riordinare la cucina, ed ecco che ad un tratto la lampada che aveva con sè si spense per mancanza d’olio. Allora Margiana chiamò lo schiavo Abdallàh e gli disse: ” Guarda che guaio mi è capitato: si è spenta la lampada e in casa non c’è più nemmeno una goccia d’olio, né saprei a quest’ora dove procurarmene un po’. ” Sentendo questo, Abdallàh si mise a ridere e le disse prendendola in giro: ” Sono tutte qui le tue risorse, o Margiana? Perché dici che in casa non c’è una goccia d’olio, quando in cortile sono allineate in bell’ordine trentotto giare colme d’olio? ” ” Per Allàh! ” rispose Margiana. ” Hai proprio ragione! Come mai non ci ho pensato prima? ” Ciò detto, prese un recipiente e scese in cortile. Si avvicinò a una giara, ne tolse il coperchio e vi ficcò dentro il recipiente, ma sentì che questo non si tuffava nell’olio, bensì urtava contro qualcosa di duro, mentre dall’interno della giara usciva una voce: ” Per Allàh, il capo m’aveva detto che avrebbe tirato una pietra, ma questo è un vero e proprio masso! Avanti, usciamo di qui, è arrivato il momento! ” E Margiana, con gli occhi sbarrati dal terrore, vide sbucare dall’imboccatura della giara la testa di un uomo. Chiunque altro si sarebbe messo a gridare e a chiamare aiuto, ma non Margiana. la quale, riacquistata subito la presenza di spirito, si avvicinò a quella testa che cercava di uscire dalla giara e le disse: ” Non muoverti ancora, o mio prode. Il capo sta dormendo. Il momento non è giunto. ” Dopo di che richiuse l’imboccatura della giara e passò in rassegna tutte le altre giare constatando che in ciascuna di esse si nascondeva un uomo, tranne che nell’ultima, la quale era veramente piena di olio. Allora Margiana prese il calderone che le serviva per fare il bucato e lo mise sul fuoco; poi, servendosi del recipiente che aveva portato con sè travasò tutto l’olio della trentottesima giara nel calderone ed aspettò fino ‘a che l’olio non fu bollente. Quando vide che era arrivato al punto giusto di calore, prese un grosso secchio, lo riempì d’olio e, avvicinatasi alla prima giara, tolse il coperchio di fibra di palma e con un colpo solo vi rovesciò dentro l’olio bollente, si che colui il quale vi era nascosto dentro non ebbe nemmeno il tempo di gridare, ma si ritrovò morto senza accorgersene. Una dopo l’altra, Margiana ripeté la stessa operazione con tutte le altre giare, liberando così; il suo padrone da quei trentasette ladroni. Quando ebbe terminato, rimise in ordine ogni cosa, chiuse di nuovo le giare con il coperchio di fibre di palma e si nascose in un angolo per vedere che cosa sarebbe accaduto.Ed ecco che verso la metà della notte il falso mercante d’olio si svegliò, si affacciò alla finestra della stanza che dava sul cortile e, sentendo che in casa tutto era quieto e silenzioso, prese una manciata di sassolini che si era portata appresso e cominciò; a tirarli uno a uno contro le giare che erano allineate dabbasso; e siccome era un ottimo tiratore non sbagliò nemmeno un colpo. Ma se si aspettava di vedere i suoi ladroni balzare fuori dalle giare, dovette rimanere deluso, perché nulla si mosse: né una testa, né una punta di pugnale apparve all’imboccatura di una giara. Allora, imprecando contro quei buoni a niente che dormivano, incuranti del suo segnale, scese dabbasso e fece per precipitarsi verso le giare, ma si fermò di colpo sentendo un orribile puzzo di carne bruciata. Tappandosi il naso, si avvicinò a una giara, la scoperchiò e v’introdusse una mano e senti che le pareti scottavano come quelle di un forno. Allora, accostata la lampada all’imboccatura della giara, guardò dentro e vide che c’era uno dei suoi uomini, morto bruciato. Scoperchiò ad una ad una tutte le trentasette giare e ogni volta lo spettacolo che vide fu lo stesso. Allora il capo dei ladroni capì che il suo trucco era stato scoperto e fu preso da una tale paura che, con un solo salto, scavalcò il muro del cortile e spari nella notte correndo a precipizio.Quando Margiana fu sicura che il capo dei banditi era fuggito e che in casa tutto era tranquillo, spense la lampada e se ne andò a dormire come se niente fosse. La mattina di buon’ora si alzò e andò a svegliare il suo padrone Alì Babà e, presolo per mano, lo condusse nel cortile. ” Che significa questo, o Margiana? ” le chiese Alì Babà. ” Perché mi hai svegliato così presto? Il bagno non è ancora aperto. ” ” Non è per il bagno, padrone, “, rispose Margiana, ” ma per mostrarti qualcosa che t’interesserà. ” Ciò detto Margiana si avvicinò a una giara, ne tolse il coperchio di fibre di palma e: ” Ti prego, ” disse al padrone, ” da’ un’occhiata qui dentro. ” Alì Babà si avvicinò all’imboccatura della giara, guardò dentro e subito si ritrasse pieno di stupore e di raccapriccio. ” Che significa questo, o Margiana? Chi è quest’uomo? E come avviene che si trovi qui dentro? ” ” Con un po’ di pazienza, ” rispose Margiana sorridendo, ” ti racconterò come va questa storia. Ma prima guarda anche dentro le altre giare. ” E quando Ali Babà, passando di stupore in stupore e di raccapriccio in raccapriccio, ebbe constatato che trentasette giare contenevano altrettanti uomini morti, Margiana lo prese per mano e fattolo sedere in un angolo del cortile gli raccontò per filo e per segno tutto quello che era accaduto e di cui fino a quel momento non aveva fatto parola con nessuno. E cominciò proprio dall’inizio, dal giorno, cioè, in cui aveva scoperto sulla porta di casa il segno fatto col gesso. Quando ebbe terminato il racconto, Alì Babà scoppiò a piangere per la commozione, quindi, stringendosi al petto della fanciulla, la baciò e le disse: ” Figliola cara sia benedetto il giorno in chi tu sei entrata in questa casa! Hai fatto di più tu per noi che noi tutti per te. Io voglio che d’ora in poi tu sia come mia figlia e figlia della madre dei miei figli e che tu sia preposta al governo della casa e che i miei figli ti amino e ti rispettino come la loro sorella maggiore!. Dopo di che Alì Babà, aiutato da Margiana e dallo schiavo Abdallàh, scavò una gran fossa in giardino e vi seppellì le giare con i trentasette ladroni. E la sepoltura avvenne senza alcun onore, ma furono buttati nella fossa alla rinfusa, come si fa per i cani e per le carogne, che in effetti quegli uomini non erano buoni musulmani, ma bestie feroci.
Quindi Alì Babà raccontò a tutti in casa ciò che Margiana aveva fatto per scongiurare i pericoli che pendevano sul loro capo, e tutti si rallegrarono e presero ad amarla e la consideravano come una persona della famiglia.
Ora avvenne che un giorno il figlio maggiore di Alì Babà, che si occupava di mandare avanti la bottega dello zio Qassim, tornato a casa dal suk, disse al padre: – Padre mio, sono alquanto imbarazzato a causa del mercante Hussein, il mio vicino, che da qualche giorno ha aperto bottega nel nostro suk. Egli è così gentile e generoso che mi colma di favori; e non v’è giorno che non mi inviti a dividere il pranzo con lui senza permettere assolutamente che io paghi la mia parte. Ora io non so più come fare per sdebitarmi e vorrei, se tu lo permetti, invitarlo una sera a cena da noi. Infatti l’indomani, dopo la preghiera della sera, il figlio di Alì Babà si recò dal mercante Hussein e gli disse: Signore, ho parlato con mio padre della tua generosità ed egli ti è molto grato e ti manda a dire che sarebbe felice se tu volessi onorare la nostra casa con la tua presenza. Il mercante Hussein accettò, ringraziando, e tutti e due s’incamminarono verso la casa del giovane; e appena giunti ecco che subito Alì Babà andò loro incontro e, salutato l’ospite, gli disse: ” Nobile sceicco, la mia casa non è degna di ricevere una persona generosa come te! Ma se tu potrai sopportare il fastidio che ti procurerà il varcare questa soglia, io vorrei pregarti di accettare questa sera il pane e il sale della nostra ospitalità! ” Al che il mercante Hussein inchinandosi gli rispose: ” Io non ho fatto nulla per essere ammesso nella tua degna dimora! E per quel che riguarda la cena, devo dirti purtroppo che ho fatto voto da anni di non toccare cibi conditi con sale. Vedi bene, dunque, che questa difficoltà m’impedisce di accettare il cibo da te. ” ” Se è solo per questo, ” rispose subito Alì Babà, ” non c’è alcuna difficoltà. Mi basta dare un ordine in cucina, e verranno preparati per te cibi senza sale, cotti come tu desideri. ” Ciò detto, Alì Babà fece accomodare lo straniero, poi corse in cucina e ordinò alla schiava Margiana di far preparare alla cuoca dei cibi senza sale per il loro ospite. Margiana si meravigliò molto di quella richiesta e cominciò a riflettere sulla causa di una così strana abitudine. E, spinta dalla curiosità, non perse occasione durante tutta la cena di osservare attentamente quell’ospite dai gusti inconsueti.
Quando Alì Babà, il figlio e l’ospite ebbero finito di mangiare, Margiana portò via i vassoi con le vivande, ma riapparve di lì a poco, vestita, con grande sorpresa di Alì Babà, da ballerina. Gli occhi, che ella aveva già grandi e luminosi, erano resi ancor più grandi dal kuhl, i capelli annodato in lunghe trecce erano profumati con essenza di gelsomino, una cintura di maglia d’oro le serrava i fianchi mettendo in risalto l’ondeggiare delle anche e l’opulenza delle natiche, e i veli che le avvolgevano la persona, anziché nascondere, mettevano in valore l’avvenenza del suo giovane corpo. Al fianco portava un pugnale d’onore, col manico d’oro tempestato di gemme.
Tanto Alì Babà quanto il figlio, abituati com’erano a vederla tutti i giorni con gli abiti da lavoro, rimasero abbacinati da tanta bellezza, e Alì Babà prese a guardarla con l’occhio orgoglioso e soddisfatto di un padre che contempla le bellezze della propria figlia, mentre il figlio l’ammirava anch’egli, ma con occhio ben diverso. Quanto all’ospite, era evidente che solo la buona educazione gli impediva di dimostrare tutto l’entusiasmo che provava per quella bellissima creatura, la quale, dopo aver rivolto un inchino ai tre commensali, accompagnata dallo schiavo Abdallàh che sonava il tamburello, cominciò a danzare, con l’abilità di una ballerina di professione, danze persiane e beduine, danze ebraiche e greche. E danzò così bene, con movenze così raffinate e seducenti, che l’ospite ne rimase incantato, né riusciva a staccarle gli occhi di dosso, tutto pieno di desiderio e di bramosia. Quando ebbe terminato di ballare, Margiana si fece dare da Abdallàh il tamburello e, tenendolo a mo’ di vassoio, si avvicino al capo di casa acciocché vi deponesse una moneta. Lo stesso fece con il figlio di Alì Babà. Infine si fermò davanti all’ospite e, porgendo il tamburello con la mano sinistra, mentre quello era indaffarato a frugarsi nelle tasche in cerca della borsa dei denari, Margiana, rapida come un leopardo, sfoderò il pugnale che teneva alla cintola e glielo conficcò nel cuore. Il mercante Hussein strabuzzò gli occhi, gettò un sospiro e cadde riverso al suolo. Alì Babà e il figlio, che avevano assistito sbigottiti a quella scena, balzarono in piedi e fecero per slanciarsi su Margiana credendo che fosse diventata pazza. Ma la fanciulla, riponendo con calma il pugnale nel fodero, dopo averlo nettato del sangue, disse con voce tranquilla: ” Sia lode ad Allàh, o padrone, che ha dato al braccio di una fanciulla la forza necessaria per liberarti del tuo ultimo e capitale nemico! ” A queste parole, Alì Babà, che non capiva nulla di quanto stava accadendo, rimase più stupefatto e interdetto che mai. ” L’uomo che tu vedi disteso a terra e che si faceva chiamare mercante Hussein, non è altri che il falso mercante di olio e il vero capo dei ladroni.
Quando chiese di poter mangiare solo cibi insipidi, io mi sono messa a riflettere su questa strana richiesta. Allàh mi ha illuminato e ho capito tutta la verità: costui si era introdotto in casa tua con l’intento di nuocerti, e per questo non volle mangiare il sale della tua ospitalità! ” Ciò detto, tolse al mercante Hussein gli abiti e il turbante e Alì Babà, osservandolo in volto più dappresso, riconobbe senza ombra di dubbi che quello era il capo dei ladroni. Allora Alì Babà, con le lacrime agli occhi, si strinse al seno Margiana dicendole: ” Figlia mia, quello che tu hai fatto per me, nemmeno una figlia lo avrebbe fatto per il proprio padre! Ora, se tu vuoi completare la mia felicità, ti prego di acconsentire a diventare la moglie di questo mio figlio maggiore. ” E Margiana rispose: ” Per la mia testa e per i miei occhi, o padrone, farò quello che tu vuoi! ” Così l’indomani stesso davanti al cadì e ai testimoni furono celebrate le nozze e il figlio di Alì Babà, al colmo della gioia, entrò da Margiana e gustò le dolcezze del suo corpo trovandola quale perla non forata e quale giumenta non cavalcata.
E quando furono terminati i festeggiamenti delle nozze, Alì Babà si recò con il figlio e Margiana nel luogo dove era la grotta dei ladroni. E dopo che Margiana, osservando attentamente il terreno, si fu assicurata che nessuno aveva più messo piede da quelle parti, Alì Babà pronunciò la formula magica e tutti e tre entrarono nella grotta, dove raccolsero gran quantità di pietre preziose e oro e monili che Alì Babà diede a Margiana quale dono di nozze.
Poi tornarono in città lodando la generosità del Signore, di Colui che distribuisce a ricchi e a poveri. E vissero a lungo felici e contenti, fino a che non giunse Colei che rende vane le ricchezze, che spopola i palazzi e popola le tombe. Sia lode ad Allàh che dona generosamente ai poveri e agli umili.

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