Jerry Abershaw
uno dei più famosi e precoci banditi di strada inglesi, nacque a Kingston (nei pressi di Londra), nel 1773.
Fin dalla più tenera età dimostrò di possedere un temperamento irrequieto e ribelle. Egli ebbe una “carriera” fulminea (durò solamente cinque anni) e densa di colpi di scena, e in pochissimo tempo divenne famoso e godette di grande popolarità, soprattutto fra le donne, che rimanevano colpite dal suo grande coraggio e affascinate dal suo aspetto gradevole.
Amava trascorrere la maggior parte del suo tempo nelle bettole, in compagnia di prostitute e loschi figuri.
Nonostante non amasse lavorare, all’età di quindici anni Abershaw venne assunto come postiglione sulla diligenza che percorreva la tratta Kingston-Londra. Era un lavoro che gli piaceva, perché amava stare a contatto con i cavalli e la natura.
Ben presto però si accorse che non era proprio tagliato per lavorare, e che con le diligenze si poteva guadagnare molto di più in un’altra maniera: assaltandole.
Cominciò quindi a compiere le sue prime “missioni” all’età di diciassette anni (e lo faceva mascherandosi), e ben presto la sua figura si contornò di un’aurea leggendaria, e cioè quella del bandito solitario che, nelle notti di luna piena, nascosto dietro un albero, all’apparire di una diligenza si piazzava in mezzo alla strada con in mano le sue due fidatissime pistole e svaligiava i malcapitati di turno.
Le gesta del “bandito mascherato” divennero subito famose anche perché, a differenza degli altri furfanti dell’epoca che bistrattavano, malmenavano e a volte uccidevano le loro vittime, Abershaw era una sorta di ladro gentiluomo, che trattava in maniera molto gentile le persone che derubava, soprattutto se appartenevano al gentil sesso.
Ben presto cominciarono a circolare e diffondersi le voci sulla sua inafferrabilità. Probabilmente fu responsabile solo di una piccola percentuale delle innumerevoli rapine che gli vennero attribuite; egli ebbe infatti un gran numero di imitatori, ma nessuno riuscì mai ad eguagliarlo nelle sue abilità di cavallerizzo e nel suoi modi affabili e cortesi.
L’intero corpo della polizia di Londra veniva sempre tenuto in allerta con la speranza di acciuffarlo, e ci andò vicino numerose volte, ma Abershaw era troppo furbo e scaltro per cadere nelle varie trappole che mano mano gli tendevano.
Una notte però, durante una rapina ad una diligenza, la ormai celeberrima maschera gli cadde dal volto.
Il conducente della corriera che aveva fermato, Richard Ferguson, lo riconobbe, dato che amava frequentare le stesse bettole del bandito. Colto di sorpresa, Abershaw “liberò” la diligenza con gli altri occupanti, e trattenne Ferguson con se. Invece di ucciderlo, decise di tenerlo e di insegnarli tutti i segreti del mestiere di “assaltatore”.
Dopo alcune settimane, terminato il “periodo” di apprendistato, e visto che amava agire da solo, lo lasciò andare.
Dopo questa breve parentesi Abershaw ricominciò a depredare i viaggiatori che incontrava nel suo cammino, fino al giorno in cui la polizia, grazie ad una soffiata (forse dello stesso Ferguson), riuscì ad arrestarlo.
Due poliziotti attesero che Abershaw, entrato in una bettola per bere, fosse abbastanza ubriaco da non opporre resistenza.
Ma fecero male i loro conti: il bandito, ancora lucidissimo, e accortosi del tranello che gli era stato teso, tirò fuori le sue due pistole e cominciò a fare fuoco.
Uno dei due poliziotti morì, ma l’altro, nonostante fosse stato colpito da una pallottola, riuscì a sparare al bandito ed a immobilizzarlo.
Abershaw venne condotto a Londra, e, una volta imprigionato, ammise tutte le sue colpe. Mentre era in attesa di essere giudicato dipinse sulle pareti della sua cella, grazie ad un succo di ciliegie, tutte le rapine a cui aveva preso parte.
Il processo che seguì il fermo richiamò una folla talmente imponente da riempire l’aula del tribunale e le stradi circostanti il palazzo dove il “nostro” venne giudicato.
Anche davanti al giudice Abershaw si comportò con l’abituale strafottenza.
Sapeva che non sarebbe riuscito a salvarsi e non tentò neanche di difendersi.
Quando le sue battute provocavano l’ilarità del pubblico, si voltava verso la folla e si inchinava lievemente, come un attore da palcoscenico.
Con questo atteggiamento continuò ad alimentare la propria leggenda di bandito gentiluomo, capace di suscitare nella gente sentimenti contrastanti.
La giuria, dopo una brevissima consultazione, durata circa tre minuti, concluse il processo condannandolo a morte.
Durante il trasferimento dal carcere nella piazza dove lo aspettava il patibolo, Abershaw non perse il suo proverbiale buonumore e continuò a ridere e scherzare con i poliziotti che lo accompagnavano, gettando baci alla folla assiepata in gran numero lungo tutto il percorso.
In bocca aveva un fiore.
Prima di essere giustiziato si sfilò gli stivali e spiegò alla folla presente che lo faceva per smentire la profezia di sua madre (la madre gli aveva detto che “sarebbe morto con gli stivali ai piedi”; era un modo di dire inglese che stava a significare che quella persona non avrebbe raggiunto la vecchiaia).
Era il tre agosto del 1795: Jerry Abershaw doveva ancora compiere i ventidue anni di età.
Vista l’infamia degli atti da lui compiuti, una volta giustiziato il suo corpo venne lasciato a marcire nel posto dove era stato giustiziato, e quella piazza divenne famosa perchè i ladri e i vagabondi di Londra ne fecero una meta di pellegrinaggio, una tappa obbligata dove bisognava andare per rendere omaggio al “bandito mascherato”.