Anziana ruba cibo per gatti

29 luglio 2007
Rivarolo (GE) – Ha rubato al supermercato per sfamare il suo cane e i suoi gatti. Emanuela P. 65 anni, ma ne dimostra almeno dieci di più, è stata fermata dai carabinieri in un supermercato di Rivarolo per aver cercato di poter portare via dall’esercizio generi alimentari per 42 euro.
Si trattava soprattutto di scatolette di cibo per gatti e per cani, c’erano poi un pacco di biscotti e una confezione di pesce congelato. Così ieri mattina la donna si è trovata in un’aula del tribunale, davanti al giudice, con la sua cappa blu a fiori bianchi, la stessa con la quale era uscita di casa per recarsi a fare la spesa. La testa di capelli bianchi abbassata, una grande disperazione negli occhi umidi. Emanuela P., ha trascorso la notte tra venerdì e sabato scorso in una guardina della caserma dei carabinieri di Sampierdarena e poi è stata trascinata in tribunale per essere processata per direttissima. Il suo avvocato Alessandro Storlenghi, dello studio Franzosa-Scovazzi, ha chiesto ed ottenuto un rinvio dell’udienza.
In aula la donna, interrogata dal giudice Massimo Todella, ha raccontato la sua storia: una storia di grande povertà e disperazione. Vedova, abita a Rivarolo con il figlio invalido: i due sopravvivono con la misera pensione del giovane. Lei, per ora, non percepisce alcun sussidio. Ha spiegato di avere fatto un’infinità di incartamenti per ottenere una pensione che secondo lei le spetterebbe, ma di non aver ricevuto ancora un soldo. La donna, in passato, aveva lavorato per una sua piccola impresa che poi era fallita: un crac che l’aveva fatta finire in mezzo alla strada. Poi l’invalidità del figlio che lo ha reso inabile al lavoro. Ora i due vivono come possono, tra stenti e rinunce: l’unica consolazione di Emanuela P. sono i suoi animali, ai quali è molto affezionata.
Ieri mattina, in tribunale, i commenti sul caso che ha fatto stringere il cuore a molti, sono stato tanti. Alcuni si chiedevano come ci si può ridurre a rubare per due gatti e un cane, non comprendendo che per la povera donna quegli animali fanno ormai parte della sua famiglia.
Ma come si può finire in guardina per poche scatolette di cibo per animali? Non poteva essere sufficiente una denuncia a piede libero vista anche la situazione?
«La legge parla chiaro – ha spiegato il pm ordinario presente in aula dottor Camillotto – L’imputata è stata trovata in flagrante e aveva già un precedente analogo».
Il tentato furto era avvenuto venerdì pomeriggio in un supermercato di Rivarolo. Emanuela P. aveva sistemato parte della merce in una borsa e si è avvicinata alla cassa con qualche altro prodotto nel cestello. Ma la sua manovra è stata notata da un cliente che ha avvertito il personale dell’esercizio. Si è allora provveduto a chiamare i carabineiri che, subito intervenuti, hanno trovato l’anziana in lacrime con la borsa contenente la merce che voleva sotrarre tra le mani. E’ stata accompagnata in caserma a Sampierdarena dove ha trascorso la notte in guardina, in attesa del processo per direttissima previsto per ieri mattina. Come si è detto il procedimento è stato rinviato ed a Emanuela P. è stato concesso di tornarsene a casa dal figlio e dai suoi fidati animali domestici che, venerdì sera, hanno saltato ancora una volta il pasto.
Appena ha saputo di essere libera è scappata giù dalle scale del palazzone di giustizia di Piccapietra, con addosso la sua vestaglietta blu a fiori bianchi, la testa china, e tanta amarezza per essersi trovata in quella situazione e per dover amettere il tentato furto davanti al figlio.

«Così sono finita in cella per sfamare le mie bestiole»
Parla la donna arrestata dopo il furto di cibo in scatola per cani e gatti
31 luglio 2007
Rivarolo (GE) – «Se non può mantenere i suoi animali li porti al canile o li faccia sopprimere. Questo mi ha detto il responsabile del supermercato di Certosa quando ho cercato di fargli capire la mia situazione». Emanuela P., la donna di 65 anni, che venerdì scorso era stata arrestata e costretta a trascorrere una notte in guardina per aver rubato dagli scaffali dell’esercizio croccantini e scatolette per cani e per gatti, racconta la sua storia. Una storia fatta di problemi, soprattutto di salute dei due figli, e poi di lavoro. La donna vive a Certosa con il figlio Carlo, di 36 anni che da 11 soffre di una forma di psicosi cronica: è in cura presso l’Igiene mentale dell’Asl 3 e per tutta la vita dovrà assumere farmaci. L’altro figlio è nella stessa situazione e vive a Udine con una zia. Carlo è stato riconosciuto invalido al 75 per cento e non è in grado di lavorare e di svolgere una vita normale. Riceve una pensione di 250 euro al mese: questa cifra rappresenta l’unico reddito di madre e figlio. «Purtroppo non hanno riconosciuto a Carlo l’idennità di accompagnamento che è di 400 euro al mese. Inoltre io non percepisco neppure la pensione di vecchiaia: basterebbero queste due entrate e la nostra vita cambierebbe», spiega la signora Emanuela seduta nella piccola cucina dell’appartamentino che divide col figlio: un alloggio modesto ma pulitissimo e curato. I responsabili del supermercato, avvertiti da un cliente che la donna aveva infilato in una borsa articoli presi dagli scaffali, avevano chiamato i carabinieri. Quando lei se li è visti davanti ha avuto un malore, tanto che era stata accompagnata al pronto soccorso di Sampierdarena. «Soffro di ipertensione e quando mi hanno detto che dovevano arrestarmi la pressione mi è schizzata a 200. Pensavo a Carlo, solo a casa: lui senza di me è irrequieto, si agita, sta male. Sono rimasta in ospedale per quattro ore: mi hanno fatto tutti gli esami e mi hanno somministrato dei farmaci. Poi mi hanno dimesso. Io pensavo di andarmene a casa, invece i carabinieri mi hanno detto che dovevo seguirli. Mi hanno accompagnata in caserma dove ho saputo che avrei trascorso la notte su una brandina. Sono rimasta seduta su una seggiola sino al mattino dopo, quando mi hanno portata in tribunale per il processo. Non sono riuscita a chiudere occhio: pensavo a Carlo e a quanto si sarebbe spaventato e alle due cagnoline che non avevano toccato cibo».
Mentre la donna racconta, le due bastardine sono in adorazione ai suoi piedi: da dieci anni fanno compagnia a lei e a Carlo, sono parte della famiglia. Poi ci sono due gattini che tutte le sere vengono alla finestra al primo piano reclamando cibo. «Anche le cagnoline hanno problemi – spiega la donna – Una ha un evidente gonfiore al collo, l’altra alle mammelle… Ma chi ce l’ha i soldi per il veterinario? Dovrebbero essere curate. Sono con me da sempre: sono nate di là, nel bagno. Avevamo la loro mamma: mio figlio l’aveva presa quando era stata abbandonata da un ragazzo che si drogava e l’ha portata a casa. Poi un giorno era scappata e quando è tornata ci siamo accorti che era incinta…» Emanuela è divorziata da molti anni. Si è sempre arrangiata: ha gestito alcuni bar, l’ultimo dei quali nel centro storico. Poi è andata male: l’esercizio è fallito. Tra i clienti c’era un commerciante sudafricano che lavorava tra Genova e Viareggio: le aveva chiesto di sposarlo così avrebbe potuto avere il permesso di soggiorno. «Celebrato il matrimonio lui è scomparso – spiega la donna – pensavo mi potesse dare una mano, invece è sparito e non ne ho più saputo nulla. Il problema è proprio questo: non essendo divorziata da quell’uomo, non posso percepire la pensione di vecchiaia. Nello stesso tempo non posso divorziare perchénon si sa dove sia: è irreperibile. Sino a due anni fa facevo la domestica, ma sempre in nero. Un giorno sono caduta da una scala pulendo i vetri e mi sono infortunata alla schiena. Mi hanno liquidata con due soldi e da allora non posso più fare lavori pesanti. Con 250 euro al mese siamo disperati: non paghiamo l’affitto da un anno e mezzo… Il proprietario è un angelo. Ma quanto potrà sopportare?».

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