Banda Bonnot

Banda Bonnot

La rapina alla succursale della banca “Société générale” di Chantilly (marzo 1912) vista dal giornale francese «Le Petit Journal»

La Banda Bonnot è stata una celebre banda illegalista-anarchica francese, che, tra il dicembre del 1911 e l’aprile 1912, mise in atto numerosi furti e rapine in banche. Fu informalmente costituita da vari elementi anarco-individualisti che gravitavano intorno al giornale «l’anarchie» prima e alla libreria L’Idée Libre poi (Callemin, Carouy, Soudy, Garnier, Monnier, Valet, Dieudonné ed altri), e da Jules Bonnot, a cui i media e la polizia attribuirono il ruolo di leader del gruppo.

Contesto storico
La Banda Bonnot nasce in un contesto storico, quello dell’Europa e della Francia dei primi anni ’10 del XX° secolo, in cui le promesse rivoluzionarie ottocentesche stentavano a concretizzarsi e poco, dal punto di vista rivoluzionario, erano serviti anche gli attentati di Emile Henry, Ravachol, Auguste Vaillant e Sante Caserio.(In realtà in Messico la Rivoluzione era in atto ed alcune conquiste sociali furono ottenute in Europa anche grazie alle azioni dirette intraprese dagli anarchici).
È un epoca in cui la CGT francese inizia la deriva riformista e per gli anarchici era difficile trovare e poi mantenere un lavoro, anche a causa delle leggi sempre più repressive che i governi via via promulgavano; un’epoca in cui in Francia ancora non si erano ancora spenti gli echi propagandistici dell’anarco-individualista Albert Libertad (1875-1908):
«Non aspettare la rivoluzione: quelli che promettono la rivoluzione sono buffoni come gli altri. Fai tu stesso la tua rivoluzione. Essere uomini liberi, vivere da compagni»
È in questo clima che alcuni giovani anarchici francesi, molti dei quali intrisi di rigorosi dogmi scientifici (si pensi a Raymond Callemin, detto Raymond la science, che si opponeva a qualsiasi sentimentalismo in nome di un rigorosissimo razionalismo), scelsero di intraprendere una lotta disperatamente illegalista e fondamentalmente suicida (erano ben consapevoli che la strada illegalista li avrebbe ragionevolmente condotti alla morte) contro il capitale e la società intera.

L’epopea della banda Bonnot
La banda Bonnot si costituì intorno alla figura carismatica di Jules Joseph Bonnot – anarchico, operaio e uno dei primi chaffeur della storia -, la cui vita per un certo periodo fu legata al celeberrimo Arthur Conan Doyle, ideatore di Sherlock Holmes, per il quale Bonnot lavorò come autista in Gran Bretagna nel 1910.
Jules Bonnot, di ritorno dalla Gran Bretagna e oramai senza alcuna prospettiva lavorativa, fu introdotto negli ambienti anarchici di Parigi da Eugene Dieudonné, il quale in particolare gli presentò gli illegalisti ed individualisti del giornale «l’anarchie», gli stessi che, quando alla direzione dello stesso giunsero Rirette Maitrejean e il belga d’origine russa Victor Kibalcic, ovvero di Victor Serge, presero a frequentare la libreria L’Idée Libre.
Bonnot spiegò loro la sua idea di radicale lotta contro i capitalisti e i borghesi, da attuare per emzzo di atti illegali finalizzati a colpire il bene che a loro stava più a cuore: il denaro. Alcuni di questi, già in bilico tra criminalità comune e attivismo anarchico, sembrarono maggiormente più disposti di altri a seguirlo: Raymond la Science (Raymond Callemin) ed Edouard Carouy: «[Edouard e Raymond erano..] assoggettati a discipline alimentari (vegetarianesimo assoluto, né vino né caffè, né tè né menta…), ed esponevano di continuo i misfatti del sentimento, invocando soltanto la “ragione scientifica” e “l’egoismo cosciente”», Octave Garnier: «..bel ragazzo, abbronzato, silenzioso dagli occhi neri straordinariamente duri e ardenti […] respingeva la discussione con gli intellettuali. “Frasi, frasi”, diceva…» , André Soudy: «Incarnava in modo perfetto l’infanzia oppressa dei vicoli; cresciuto sul lastrico, tubercolotico a tredici anni sifilitico a diciotto…», René Valet: «Aveva una bella testa quadra dai capelli rossi , un mento energico, occhi verdi, mani vigorose, andature da atleta […] si gettò in un avventura per spirito di solidarietà, per aiutare i compagni perduti…»  ed Etienne Monier: detto anche Simentoff, scrisse di se stesso: «…il mio ardente desiderio [è] che un giorno, non lontano, reni nelle istituzioni sociali un massimo di benessere e d’indipendenza, al fine che l’individuo…possa meglio consacrare a quello che fa la bellezza della vita, all’istruzione soprattutto alla scienza».
La Banda, che si costituì senza alcuna struttura gerarchica o senza formalità d’altro tipo (ognuno era libero di volta in volta di scegliere se partecipare o meno ad un colpo), intendeva assaltare le banche utilizzando automobili di grossa cilindrata opportunamente rubate prima di ogni previsto “colpo”. Bonnot era infatti un abilissimo guidatore ed era adattissimo a questo scopo. I soldi espropriati avrebbero dovuto servire per sostentare se stessi e gli ambienti radicali dell’anarchismo parigino; inoltre l’obiettivo fu anche quello di terrorizzare la società capitalista e dimostrare a tutti la sua vulnerabilità, di là degli schieramenti di polizia preposti a difendere le banche e le case dei ricchi borghesi. Per far questo la banda dovette dotarsi di tutta una serie di appoggi e agganci “minori” cui fare affidamento in caso di necessità: il garagista Dettweiller, il meccanico Dubois, e poi anche Barbe Leclec’h, Antony Gauzy, Marie Schoofs (fidanzata di Garnier), Rodriguez, David Bellonie, Beswnard, Rimbaud, Gorodesky, Crozat de Fleury, ecc.

Azioni della Banda Bonnot
Le azioni della Banda, che colpiva in piena luce del giorno con lo scopo di terrorizzare la società capitalista, sorpresero tutti per l’audacia e la sfrontatezza:
* Il 14 dicembre 1911, Bonnot, Garnier e Raymond la Science rubarono una Delaunay-Belleville da utilizzare in una prima rapina.
* Il 21 dicembre 1911, alle 9:00 della mattina, gli stessi tre uomini assaltarono in automobile i portavalori della banca Société Générale, in via Ordener a Parigi. Fu quella la prima volta che un’automobile venne utilizzata per una rapina bancaria; ne scaturì un conflitto a fuoco, Octave Garnier ferì gravemente un addetto al servizio del portavalori, Ernest Caby, ma il totale del bottino ammontò solo a 5000 franchi e a titoli vari difficilmente smerciabili. (Callemin portò parte dei titoli all’anarchico belga De Boe nella speranza che questi riuscisse a convertirli in denaro contante. In seguito David Bellonie e Rodriguez provarono a smerciarne un’altra parte ad un usuraio parigino, che però li “ringraziò” spifferando tutto alla polizia. L’aver aiutato la banda Bonnot costò a De Boe, Bellonie e Rodriguez una successiva incriminazione per complicità e il processo insieme agli esponenti principali della banda).
Tutta una serie di azioni vennero attribuite alla banda, alcune effettivamente compiute da loro, altre no (es. il 3 gennaio 1912, a Thias, due anziani furono rapinati e trucidati nella loro casa. Vennero accusati dell’efferato omicidio due frequentatori dell’Idée Libre, Marius Metge, che fu arrestato insieme alla compagna, ed Edouard Carouy, che si diede invece alla latitanza).
* Il 31 gennaio 1912, a Gand, in Belgio, Edouard Carouy, Octave Garnier e Jules Bonnot tentarono il furto di un’altra automobile. Lo stesso giorno Victor Serge e la compagna Rirette Maitrejean vennero arrestati con l’accusa di complicità ideologica con gli esponenti della banda (cosa inverosimile visti i pessimi rapporti tra i due gruppi, anche se non mancarono gli atti di solidarietà in nome della fratellanza anarchica).
* Il 27 febbraio 1912, a Saint-Madé, Raymond Callemin, Octave Garnier e Jules Bonnot tentarono ancora il furto di un automobile, un poliziotto, che di cognome faceva incredibilmente Garnier, reagì e venne assassinato proprio da Octave Garnier. Il giorno seguente i tre assaltarono la casa d’un notaio e ne nacque un’ennesima sparatoria. (Incredibilmente, durante il successivo processo a carico della banda, Eugene Dieudonné sarà indicato da Caby come il responsabile del suo ferimento durante la rapina del 21 dicembre, fatto non rispondente al vero giacché egli mai partecipò alle azioni della Banda Bonnot.)
* Il 25 marzo 1912, René Valet, Etienne Monier, André Soudy, Jules Bonnot, Octave Garnier e Raymond Callemin, mentre erano diretti a Chantilly, rubarono una Limousine Dion-Bouton. Uno dei due occupanti fu ucciso per aver cercato di respingere gli assalitori. Lo stesso giorno con quella macchina rapinarono la locale succursale della Société Générale di Parigi: quarantanovemila franchi il bottino ottenuto, oltre a due impiegati morti (uno rimase seriamente ferito) durante la sparatoria scatenatasi dentro e fuori la sede della Banca (Soudy era l’unico del gruppo rimasto fuori nella Piazza a tenere a bada la folla con il suo fucile).
(Al colpo avrebbe dovuto partecipare anche Edouard Carouy, ma qualche giorno prima era stato vittima di un infortunio mentre maneggiava la sua stessa pistola e fu quindi scelto di tenerlo a riposo in un rifugio sicuro, anche se gli fu promessa ugualmente la sua fetta di bottino.)

Epilogo della Banda Bonnot
Dopo le ultime rapine le maglie della polizia si strinsero sempre più intorno alla banda, il governo si appellò al popolo affinché rispolverasse l’amor di patria ed indicando gli anarchici i primi nemici da sconfiggere. Per alcuni militanti dell’Idée Libre non ci fu scampo, vennero fermati e accusati di qualsiasi crimine compiuto in quel periodo. Jules Bonnot, in fuga, trovò prima ospitalità ad Ivry (24 aprile 1912) nella casa di un amico di Elie Monnier, l’anarchico Antoine Gauzy. Il giorno seguente in casa Gauzy irruppe la polizia e ne nacque uno scontro a fuoco. Il commissario che comandava le azioni (il vice direttore della Sûreté, Jouin) morì nei tumulti, mentre Bonnot, ferito, continuò la sua fuga. Ma anche per lui le ore erano oramai contate.
Nei giorni seguenti chiese e ricevette ospitalità dal meccanico-anarchico Joseph Dubois, l’unico che poteva farlo in quel momento. Scovato il suo rifugio, domenica 28 aprile la casa di Dubois fu assaltata in forze dalla polizia, dalla Guardia repubblicana e da alcuni volontari (il tutto sotto gli occhi di alcuni cameramen della polizia): Dubois rimase ucciso immediatamente; Jules morì dopo aver provato inutilmente a resistere. Prima di morire, mentre bombe e proiettili distruggevano lentamente la casa di Dubois, decise di scrivere una sorta di testamento in cui scagionava la signora Thollon (la donna di cui si era innamorato e che era stata arrestata pur non facendo parte della banda), Antoine Gauzy ed Eugène Dieudonné, riportando inoltre le motivazioni che lo avevano portato ad una scelta tanto radicale di vita:
«Era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla. L’avevo trovata, è scoperto che cosa fosse. La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti. Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, in ogni caso nessun rimorso…»
Per gli altri esponenti della banda ugualmente il destino era segnato:
Il 15 maggio 1912, Octave Garnier e René Valet morirono durante il violento assalto della polizia e dell’esercito (a suon di bombe e cariche di dinamite) alla casa in cui i due si nascondevano. Tutti gli altri illegalisti furono arrestati, accusati indistintamente d’appartenenza alla Banda Bonnot (in qualche caso senza prove alcune, come Dieudonné che era effettivamente innocente) furono processati a partire dal 3 febbraio 1913.

Il processo
Eugene Dieudonné fu accusato da Ernest Caby di essere stato colui che lo aveva sparato. Dieudonné era innocente e non era nemmeno presente alla rapina del 21 dicembre 1911. Condannato alla pena di morte, sarà poi “graziato” e condannato ai lavori forzati. Dopo vari tentativi riuscirà finalmente ad evadere.
Il processo vide una ventina di imputati, alcuni accusati di aver in qualche modo sostenuto la banda (Barbe Leclec’h, Marie Schoofs, Dettweiller, Rodriguez, Rimbaud, Crozat de Fleury,…), altri, a torto o ragione, di averne fatto parte (Raymond Callemin, Eugene Dieudonné, Etienne Monier, André Soudy, Marius Metge ed Edouard Carouy) o di esserne gli ideologi (Victor Serge e Rirette Maitrejean).
Tra i trecento i testimoni chiamati a deporre, Séverine, Pierre Martin e Sébastien Faure lo fecero in favore degli imputati, mentre l’uomo del portavalori, Ernest Caby, continuò incredibilmente ad indicare in Dieudonné l’uomo che l’aveva sparato. Durante tutto il processo molti degli illegalisti diedero prova di tracotanza irridendo la giuria e i due procuratori che li accusavano:
«I principali imputati erano Raymond Callemin, André Soudy, il giardiniere Monier, il falegname Eugéne Dieudonné, negavano tutto, e avevano, in via puramente astratta, il gioco facile; in realtà, gli indizi inconfutabili li uccidevano, salvo Dieudonné che era realmente innocente, non di tutto, ma di quello di cui lo si accusava, per una somiglianza dei suoi occhi neri con altri occhi più neri che erano nella tomba. Lui solo gridava la sua innocenza, , senza stancarsi con frenesia, formando un contrasto impressionante con i colpevoli insolenti e beffardi che dicevano calmi con tutto il loro contegno “Vi sfidiamo a darne le prove!”. Siccome tutti sapevano la verità, la prova diventava superflua, lo sentivano e continuavano a fare il loro mestiere di desperados. Sorridenti, aggressivi, prendendo degli appunti, Raymond “negava il diritto di giudicare“, ma si inchinava dinanzi alla forza, rivolgeva al presidente delle frasi spiritose; Soudy, interrogato a lungo sulla proprietà di una carabina, rispondeva tranquillamente: “Non è mia, ma, come sapete, Proudhon ha detto che la proprietà è un furto”».
Rirette Maitrejean e Victor Serge non solo si difesero strenuamente, respinsero i tentativi di trasformarli in delatori e da accusati si trasformarono in accusatori:
«L’accusa […] mi aveva attribuito la parte dell’ideologo, ma dovette abbandonare questo disegno fin dalla seconda udienza […] nessuna responsabilità né diretta né indiretta mi incombeva in quei drammi […] non ero là che a causa del mio rifiuto categorico di parlare, cioè di farmi delatore. Distruggevo l’accusa su alcuni punti di dettaglio e questo era facile; difendevo la dottrina –libero esame, solidarietà, rivolta – e questo era molto più difficile e scontentavo i colpevoli “innocenti” dimostrando che la società fabbrica il crimine e i criminali, le idee disperate, i suicidi e il denaro-veleno…» (Victor Serge in Memorie di un rivoluzionario)
Il 28 febbraio la giuria emise le seguenti sentenze:
* Raymond Callemin, Eugene Dieudonné (in seguito graziato e condannato ai lavori forzati, evaderà dalla detenzione in Guiana), Etienne Monier e André Soudy: condanna a morte;
* Edouard Carouy [14] e Marius Metge: lavori forzati a vita;
* Victor Serge e Rirette Maitrejean : 5 anni al primo, assolta la seconda;
* Antoine Gauzy: 18 mesi
* Judith Thollon: 4 anni;
* Personaggi minori (Georges Dettwiller, Bellonie, Crozat de Fleury, Benard, ecc.): tra i 4 e i 6 anni.

Le esecuzioni
Suicidatosi Carouy e convertita la pena dell’innocente Dieudonné ai lavori forzati a vita, il 21 aprile 1913 furono eseguite le condanne a morte di Callemin, Soudy e Monier:
«Dieudonné, l’innocente riconosciuto innocente, graziato, vale a dire mandato in galera a vita […]evase parecchie volte..raggiunse il Brasile. Raymond diede prova, nella sua cella di condannato a morte, di tanta fermezza che non gli nascosero la data dell’esecuzione. L’attese leggendo. Davanti alla ghigliottina scorse il gruppo dei reporter e grido loro: “È bello, eh?”. Soudy chiede all’ultima ora un caffè e dei croissants […] evidentemente era troppo presto, non gli trovarono che un po’ di caffè nero. “Scalognato” disse, “fino in fondo”. Veniva meno per la paura nervosa, dovettero sostenerlo per le scale, ma si dominava e canticchiò, vedendo il biancore del cielo al di sopra dei castagni, un’aria di romanza di strada: “Salute, o mio ultimo mattino”…Il taciturno Monnier, folle di angoscia, si dominò e fu calmo.»

tratto da Wikipedia

 

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