27 maggio 2012
Salonicco – Aggiornamento sulla situazione giudiziario del compagno anarchico Babis Tslianidis:
E’ stata fissata presso il tribunale di Salonicco al 18 luglio l’udienza del processo a Babis Tslianidis in merito al caso della rapina al dipartimento economico di AHEPA, basato su un campione DNA trovato nella zona. Il compagno, il 16 novembre, senza saperne il motivo, è stato chiamato a testimoniare presso il dipartimento delle indagini del tribunale di Salonicco.
Nessun compagno è solo nelle mani dello stato.
RABBIA E CONSAPEVOLEZZA
Il 16 Novembre 2011, Charalambos “Babis” Tsilianidis è stato condotto al tribunale di Salonicco. Prima di entrare nell’ufficio del magistrato esaminatore, ha dichiarato: “Io sono un anarchico rivoluzionario e mi rifiuto di prendere parte a questi procedimenti.” Nonostante ciò, l’accusa e il magistrato esaminatore gli hanno presentato una nuova accusa, questa volta per aver rubato nella sede amministrativa dell’ospedale AHEPA. L’unica prova a suo carico è una bandana che, secondo la polizia, contiene il suo DNA ed è stata trovata vicino all’ospedale. Due giorni dopo la sua presenza al Tribunale di Salonicco, Tsilianidis ha diffuso la seguente lettera:
Lunedi 7 Novembre, sono stato invitato a presenziare davanti all’accusa alla Reguler Hearing Section Number 5 del Thessaloniki Court of Primary Authority per dare una dichiarazione riguardo alle accuse di furto, complicità semplice nel furto, e possesso illegale di armi.
La parte ironica dell’intera questione era che io non sapevo – e ancora non so – per quale furto sono stato convocato, visto che il pezzo di carta consegnatomi non menziona né il luogo né la data del furto. Ovviamente, quando il mio avvocato ha chiesto i dettagli, la risposta è stata: “Non possiamo dire nulla fino a quando non presenzierà l’accusato stesso.” Allo stesso tempo, si era diffusa una voce riguardo ad una bandana contenente il mio DNA trovata vicino al luogo sconosciuto del furto.
Ovviamente non mi sono presentato, visto che ho considerato pesante un viaggio di circa 1000 kilometri – un giorno e mezzo in un veicolo di trasferimento, in una gabbia di 1 metro quadrato per 10 ore.
Incurante dell’azione attribuitami (e che io abbia o no a che fare con essa), ciò che ho fatto durante le precedenti esaminazioni e gli interrogatori formali per il precedente caso nel quale sono accusato, cosi come ho fatto durante i sei mesi di investigazione formale, è esattamente ciò che farò nei processi a venire.
Mi rifiuto di dialogare, a livello personale o politico, con qualunque autorità “al comando”. Invece, voglio legittimizzare nella mia coscienza, in quella dei miei compagni, e in quella dei miei nemici un procedimento nel quale alcuni – per i quali, ovviamente, provo ostilità – sono stati dichiarati adatti per giudicare la lotta anarchica.
Oltre alla questione della partecipazione o meno di anarchici nelle azioni in questione, vedo l’accusa criminale di quelli in lotta, la mia recente accusa, e la prigionia di dozzine di anarchici rivoluzionari come parte di un conflitto generale tra diversi valori – come parte di una guerra civile sociale.
Ciò riguardo al tentativo dello stato di instillare paura nei rivoluzionari cosicché smettano la loro attività, nel tentativo di interrompere la diffusione di idee e pratiche anarchiche.
La loro intenzione è di scoraggiare i giovani dal prendere iniziativa.Inoltre, senza alcuna circostanza io giocherò il misero gioco legale delle autorità giudiziarie, cercando alibi di innocenza, ed esponendo a loro la mia vita personale. Senza alcuna circostanza mi presenterò davanti a loro come “sicuramente problematico, ma fondamentalmente un bravo ragazzo”.
Senza alcuna circostanza gli regalerò una chiaccherata, neanche adesso. Rimarrò fermo nel mio desiderio e obiettivo che ho dato a me stesso e ai compagni di restare saldo e dignitoso nel proseguimento della lotta, senza dialogo con i miei accusatori.
Non vomiterò il linguaggio del dominio, dichiarando la mia innocenza o colpa come un pappagallo.
Ho agito in accordo con la mia coscienza, sono contro il sistema capitalista-democratico e la civilizzazione autoritaria, e supporto ogni metodo di lotta che si accorda con i miei valori e contribuisce all’intensificazioine della lotta, incurante che tali metodi siano caratterizzati come “legali” o “illegali”.
In più, l’obiettivo della lotta anarchica è la distruzione della gerarchia, e ciò non può non essere illegale per il linguaggio del dominio.
Ciò è anche dimostrato dagli scontri di piazza nel mondo, dagli attacchi agli obiettivi del dominio, dallo sviluppo delle strutture e infrastruture polimorfiche della lotta, e il continuo propagandare e diffondere il discorso anarchico rivoluzionario.
Dimenticatevi di quanto si possono intensificare tutti gli atti repressivi. Non importa quanto cresca la tensione repressiva, non importa quanti anni di galera ci daranno, non importa di quanti di noi tengono prigionieri, IL VERO DESIDERIO DELLA RIVOLUZIONE NON PUO’ ESSERE IMPRIGIONATO, ISOLATO, O ZITTITO.
La lotta anarchica/rivoluzionaria continua e continuerà ad esprimersi in ogni condizione, a tutti i costi.
Il 16 Novembre, quando sono stato convocato per la seconda volta per dare una dichiarazione davanti a quelli che hanno imprigionato migliaia di persone, rimarrò zitto per far si che si senta il rumore assordante dello scontro tra due differenti mondi – un rumore che si fa più forte.
La mia solidarietà e rispetto a chi, tramite le sue azioni, ci sorride mentre danneggia la civilizzazione autoritaria.
Agli anarchici prigionieri di guerra, che continuano la loro lotta dentro le prigioni.
Babis Tsilianidis, Lunedi 14 Novembre 2011, Braccio A Prigione di Koridallos
Tratto da This is Our Job e tradotto da ParoleArmate