21 luglio 2011
Torri di Quartesolo (Vi) – Ha detto di essere stato aggredito e rapinato. Nel suo racconto, concitato, ha riferito quanto accaduto in pochi minuti: un uomo lo attende e gli punta un’arma, lo costringe a salire sul furgone e a guidare fino ad una stradina di campagna. Una volta arrivati vengono raggiunti dai complici e lui viene immobilizzato e legato. La banda trasferisce il carico su un’auto per poi darsi alla fuga in tutta fretta con un bottino di 180 mila euro. Ieri mattina un uomo di 27 anni e residente in provincia di Venezia, ha depositato un carico di monete alla Banca Popolare di Vicenza, in via Roma, per conto della “Costantini divisione sicurezza”, la ditta di Mestre per cui lavora. Erano da poco passate le dieci quando è uscito dall’istituto, che si trova nella via principale del comune di Torri di Quartesolo e che, a quell’ora, era molto trafficata.
L’uomo sarebbe stato avvicinato da uno sconosciuto che, puntandogli un’arma, gli avrebbe intimato di salire sul furgone blindato e di iniziare a guidare. Un rischio enorme, perché i passanti avrebbero potuto notarlo. Cosa che, invece, non è successa. Il rapinatore, seduto al suo fianco, con in mano quello che l’uomo avrebbe descritto come un fucile o forse un mitra, gli avrebbe indicato la strada da seguire.
Dopo qualche decina di metri l’ordine di svalutare a destra e d’imboccare via Marconi, strada che porta verso una zona di campagna, dove le abitazioni sono poche e isolate.
Gli avrebbe quindi fatto percorrere un sentiero laterale in mezzo ai campi e, una volta raggiunto il cavalcavia sopra il quale passa l’autostrada A31 Valdastico, gli avrebbe imposto di fermarsi. Tutto si sarebbe svolto in una manciata di minuti. Minuti molto confusi e che la polizia sta cercando di ricostruire dettagliatamente. Il dipendente della Costantini ha raccontato che il rapinatore, nel frattempo raggiunto da due, forse tre complici, gli avrebbe ordinato di scendere e di mettersi davanti al furgone. Ha poi detto di essere stato immobilizzato con del nastro adesivo.
I tre o quattro rapinatori, arrivati in auto (che l’uomo non ha però saputo descrivere) avrebbero poi iniziato a svuotare il blindato di tutto il contenuto. L’uomo ha anche detto di aver sentito il rumore di un secondo motore, forse un furgoncino ma, ancora una volta, non ha saputo essere più preciso. Ha spiegato che, trovandosi dietro al suo Fiat, non sapeva proprio se i veicoli fossero uno o due, così come non era certo del numero di rapinatori.
In pochi minuti la banda avrebbe trasferito sulla sua vettura tutto il bottino. Sacchetti e scatoloni pieni di monete. Poi, con 180 mila euro, si sarebbe data alla fuga. Ancora un interrogativo senza risposta. Difficile dire se in retromarcia, per ritornare in via Marconi o se, invece, attraverso i campi.
Alla polizia l’uomo ha detto che solo dieci minuti dopo è riuscito a liberarsi. Avrebbe subito preso il cellulare e chiamato l’azienda e il 113 per denunciare l’accaduto.
Ieri è stato ascoltato a lungo dagli agenti della squadra mobile berica. Il dipendente ha descritto gli aggressori molto sommariamente, benché a suo dire tutti fossero a volto scoperto. Ha raccontato che erano italiani e che si esprimevano senza particolari inflessioni dialettali. Solo uno di loro, quello fuori dalla banca, sarebbe stato armato.
Una ricostruzione che è alla ricerca di riscontri e dove gli aspetti da chiarire sembrano essere ancora molti. Al termine di una giornata frenetica il sostituto procuratore Salvadori si è recato in questura. La sua presenza, in tarda serata, negli uffici di viale Mazzini, lascia ipotizzare che potrebbero esserci imminenti sviluppi. Ma quali?
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