30 giugno 2010
Cagliari — Accusato di aver «rubato» un piccolo tappo di pneumatico (valore neanche 10 centesimi), un imprenditore edile è da 5 anni sotto processo. Se dovesse essere condannato l’uomo di 68 anni, è imputato di furto aggravato — rischia da 2 a 8 anni di reclusione. Lui giura: «Non so nulla». E in questi 5 anni non è stato interrogato una sola volta: né dai carabinieri né da magistrati della procura né dal gip. La «vittima» del furto, invece, fra verbali e testimonianze si è dovuto presentare più volte. Comprensibilmente esasperato: «Non ho fatto alcuna denuncia, non so chi abbia preso quel cappelletto, non mi importa saperlo—si è sfogato lunedì in udienza — ho perso molto tempo, voglio essere lasciato in pace». Tutto è cominciato nel settembre 2005: un battibecco fra due automobilisti per un parcheggio davanti a una banca. Uno, che riesce a occupare il posto auto, entra nell’istituto di credito. L’altro per dispetto si avvicina a una ruota e porta via il cappelletto coprivalvola. Ma un’impiegata della banca vede tutto. Si precipita fuori, appena in tempo per apostrofare l’automobilista «ladro » e sentirsi rispondere: «Si faccia gli affari suoi e vada a quel paese». L’auto si allontana, l’impiegata annota il numero di targa, va dai carabinieri e denuncia l’aggressione verbale. Così si risale al proprietario: la vettura è intestata a una società dell’imprenditore, ma è utilizzata anche dai suoi dipendenti. Difficile risalire all’autore del furto. Le indagini procedono: rapporto dei carabinieri, decreto penale di condanna dell’imprenditore, opposizione del suo legale. La procura col pm Chiara Maria Manganiello chiede l’archiviazione. Ma il gip Daniela Amato non è d’accordo: l’auto e il tappino coprivalvola erano «beni esposti alla fede pubblica», si tratta perciò non di «semplice» furto, ma di furto aggravato; che ci sia o no denuncia del derubato non importa: il reato è perseguibile d’ufficio. È il 2007, il processo inizia e si trascina tre anni, da un giudice monocratico all’altro. L’avvocato della difesa si appella alle leggi e al buon senso: «Il mio assistito è incensurato; può avere le attenuanti generiche e il reato sarebbe furto semplice, procedibile a querela di parte» (che “la vittima” non ha mai voluto presentare: quindi, il processo sarebbe chiuso).
Come pure chiuso è il processo «parallelo»: l’impiegata che aveva denunciato l’automobilista (ma non ha riconosciuto in lui l’imprenditore) ha ritirato la querela. Il «giallo» del tappino coprivalvola andrà a sentenza l’8 novembre.
La morale vien spontanea: imparare a farsi i … fatti propri …